Secondo i giudici dell’Appello la circostanza che sia Bertolaso (nella telefonata intercorsa con l’ex assessore regionale alla protezione civile, Daniela Stati) che Bernardo De Bernardinis, (nel corso dell’intervista pre-riunione) avessero sostenuto la tesi dello scarico di energia, la stessa deve ritenersi come «una coincidenza che seppur suggestiva sul piano indiziario non può ritenersi sufficiente a dimostrare la fondatezza del quadro accusatorio». Per il collegio di secondo grado, l’intento di Bertolaso (assistito dall’avvocato e professore Filippo Dinacci) era stato quello di «contrastare i toni rassicuranti del comunicato stampa emanato dalla Protezione civile regionale e convocare una riunione di esperti alla luce di una popolazione disorientata dalle voci allarmistiche diffuse in quei giorni così che la stessa si sentisse tranquillizzata dagli esperti sull’assoluta imprevedibilità dei terremoti ed alla scarsa pericolosità in atto».
Nessun condizionamento dunque tra Bertolaso e il suo vice. «Quest’ultimo – si legge nei motivi – aveva rilasciato l’intervista a titolo personale, richiamando valutazioni (lo scarico di energia, ndr) mutuate dalla comunità scientifica (dal ricercatore Valerio De Rubeis)». Altro aspetto evidenziato dalla Corte l’impossibilità di poter contestare a Bertolaso il reato di omissione, per non aver corretto le affermazioni tranquillizzanti del suo vice. Secondo il collegio occorreva una specifica contestazione. Nessun condizionamento poi sulla comunità scientifica da parte dell’imputato, la quale «non ha né trattato, né condiviso la tesi dello scarico». Infine sulla telefonata con la Stati, la Corte D’Appello ha evidenziato «come l’intento dell’imputato non fosse stato condiviso dagli esperti, anzi dagli atti c’è la prova del contrario ovvero della convocazione degli esperti della Commissione Grandi Rischi per un’attenta disamina».
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