Terremoto all'Aquila, il Tribunale nega il risarcimento per dieci studenti morti. «Incauto comportamento»

Terremoto all'Aquila, il Tribunale nega il risarcimento per dieci studenti morti. «Incauto comportamento»
di Marcello Ianni
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Sabato 8 Aprile 2023, 08:23 - Ultimo aggiornamento: 09:06

Da una percentuale di responsabilità per le vittime del terremoto a una totale. Torna a far discutere una sentenza emessa dal giudice del Tribunale civile, Monica Croci, dopo quella in cui, per diverse parti civili, era stato ravvisato un concorso di colpa del 30 per cento per essere rimaste in casa quella notte.

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«I nostri figli avrebbero dovuto prevedere quanto poi purtroppo accaduto e uscire di casa: mio figlio Nicola sarebbe stato incauto nel non uscire di casa» ha detto ieri Sergio Bianchi, padre di Nicola, universitario originario di Monte San Giovanni Campano (in provincia di Frosinone), deceduto la notte del 6 aprile all'Aquila, presidente dell'Avus, associazione vittime universitarie sisma, che in una intervista ha commentato la sentenza del Tribunale dell'Aquila che risale all'aprile 2022.

Un verdetto con cui è stata rigettata in toto la richiesta di risarcimento nei confronti dello Stato per il figlio e altri 9 studenti tutti morti sotto le macerie. Il giudice Croci aveva emesso anche un'altra sentenza nella quale aveva ammesso il concorso di colpa del 30 per cento per «l'incauto comportamento di non essere usciti di casa». Pronunciamento che è stato appellato dalle parti civili e che per due studentesse universitarie pende ancora in primo grado dinanzi al Tribunale, essendo stata stralciata la loro posizione.

Per il legale della famiglia, Alessandro Gamberini, «rigettando i risarcimenti e condannando i familiari delle giovani vittime al pagamento delle spese processuali, il giudice del tribunale dell'Aquila ha attribuito agli universitari con una serie di motivazioni non vere il cento per cento della colpa della loro morte. I giovani avrebbero dovuto uscire di casa con una decisione individuale senza che nessuno avesse lanciato allarmi o avvertimenti sul pericolo dei terremoto e dello sciame. Anzi in un clima di rassicurazioni istituzionali della protezione civile».

Per i dieci ragazzi morti erano stati chiesti risarcimenti tra i 500 e i 600 mila euro ciascuno. La sentenza è stata appellata: Nicola, 22 anni, morì nel crollo della casa di via D'Annunzio. Per la Croci «qualunque rassicurazione fosse stata percepita, doveva necessariamente venire meno ove l'abitazione in concreto occupata avesse presentato segni di danno per le precedenti scosse e/o fosse stata giudicata meritevole di controlli di stabilità», mentre per altri ragazzi morti è stato evidenziato come dalle condotte «non fosse maturata la convinzione circa la non pericolosità del terremoto e la superfluità di misure di autotutela», oppure che «le scelte dei defunti fossero da attribuire alla convinzione che gli edifici fossero sicuri».

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