Coronavirus, sacerdoti a rischio contagio
Il vescovo di Teramo: fate attenzione

Coronavirus, sacerdoti a rischio contagio Il vescovo di Teramo: fate attenzione
di Maurizio Di Biagio
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Martedì 24 Marzo 2020, 09:12 - Ultimo aggiornamento: 09:14

Dopo il caso dei due preti in quarantena, il vescovo di Teramo, Lorenzo Leuzzi, ha voluto ribadire ai suoi sacerdoti di prestare maggiore attenzione per il rischio virus: «Nessuno però finora l’ha contratto» precisa. Nel frattempo, dirige le azioni dall’episcopio ascoltando tutta la comunità «verso una nuova modalità di vivere». «Ho già consacrato l’intera Diocesi al Cuore Immacolato di Maria e da ieri sera in poi coinvolgerò a turno nella preghiera i santuari del territorio».
Monsignore, l’età media dei sacerdoti è molto alta, eppure sono in prima linea senza timori dando benedizioni e concedendo i sacramenti.
«La nostra Diocesi è animata da sacerdoti anziani, ma anche da tanti giovani. Tutti sono in ascolto delle attese dei propri parrocchiani, cercando di fare il possibile per venire loro in aiuto. Ai più anziani, in particolare, ho raccomandato maggiore attenzione per la loro salute e soprattutto se intervengono negli eventi della malattia grave e della morte dei loro parrocchiani. In tutti c’è la preoccupazione di essere vicini ai loro cari, ma il rischio di esporsi alle insidie dell’infezione è sempre attuale. Tutti i sacerdoti sono sereni e fiduciosi, perseveranti nella preghiera per la nostra comunità: lavorano molto per stare vicini ai loro parrocchiani, usando tutte le possibilità dei mezzi di comunicazione disponibili. Attualmente, ringraziando Dio, nessuno di loro ha bisogno di particolare attenzione sanitaria».
Alla luce del Coronavirus, qual è lo sforzo della Diocesi?
«La Diocesi ha accolto questo evento storico maturando la consapevolezza che gli eventi storici non sono estranei alla sua vita. La Chiesa, infatti, vive e agisce nel tempo. Nel mio primo messaggio avevo sottolineato che le “chiese possono essere chiuse, ma Cristo è vivo”. È il cuore della fede della Chiesa: il Risorto cammina nella storia, non ci abbandona, e resta la chiave di lettura».
Come si svolge ora il suo operato?
«Seguo il cammino dalla sede dell’episcopio incoraggiando tutti, accogliendo l’invito a restare a casa. L’impegno maggiore è quello di ascoltare telefonicamente i sacerdoti e le comunità religiose, in particolare le comunità di clausura. Sono davvero tante le esperienze di servizio che ascolto e che incoraggio dando suggerimenti e aiuto. Il desiderio di fare di più è diffuso anche nei laici. L’Ufficio diocesano delle comunicazioni sociali ha attivato strumenti tecnologici al passo dei tempi. Infine, prego ogni sera con la Diocesi via internet per le comunità diocesane, per tutti coloro che sono malati e che se ne prendono cura».
Dopo le messe in streaming, che misure intende prendere?
«Credo che, camminando verso la Pasqua, siamo chiamati ad intensificare la gioia dell’attesa della Resurrezione. Non è sufficiente fermarsi alle indicazioni sanitarie. Bisogna andare oltre: imparare a costruire la globalizzazione. Il virus non è né il primo né sarà l’ultimo problema della storia. Per questo più che di misure parlerei di progetti. E il primo progetto non potrà essere che culturale per ripartire con fiducia».
Un auspicio ai teramani.
«Ciò che sta accadendo non è un’incidente di percorso, ma una modalità nuova di vivere il cambiamento d’epoca, come ci insegna Papa Francesco. I sacrifici e le restrizioni che ci vengono chiesti non sono vani e inutili. Spetta tuttavia a noi non subirli ma orientarli verso la costruzione di una nuova società, nella quale ogni uomo e donna vale per quello che è e non per quello che fa».
 

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