Morto a 60 anni dopo dieci interventi: primario condannato

L'avvocato Gennaro Lettieri, che tutela la parte civile. Morto a 60 anni dopo dieci interventi: primario condannato
di Teodora Poeta
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Venerdì 13 Gennaio 2023, 08:44 - Ultimo aggiornamento: 25 Febbraio, 16:51

Sono trascorsi più di tre anni da quel tragico giorno in cui i familiari di Gaspare Ridolfi lo videro quasi morire e subito dopo riportare in sala operatoria per estrargli le bende interne che gli erano state messe in precedenza per tamponare una forte emorragia iniziata a causa di una lesione ad un’arteria. L’uomo, 60 anni di Teramo, era arrivato all’ospedale Mazzini in ambulanza il 28 aprile del 2020 dopo che a casa aveva accusato un leggero malore e il 7 maggio era stato sottoposto a un primo intervento per la sostituzione di una valvola cardiaca, con successivo ricovero in Rianimazione cardiochirurgica da dove purtroppo non è più uscito, dopodiché, però, ha iniziato un calvario che lo ha portato fino alla morte per sepsi il 22 giugno. Per questa vicenda, ieri, il giudice Roberto Veneziano ha assolto con il rito abbreviato dall’accusa di omicidio colposo l’ex primario della Cardiochirurgia del Mazzini, Michele Triggiani, mentre ha condannato a 6 mesi il primario della Gastroenterologia, Carmelo Barbera (anche lui aveva scelto il rito alternativo che prevede uno sconto di pena).

A costituirsi parte civile, assistita dall’avvocato Gennaro Lettieri, la moglie della vittima che durante quel lungo periodo ha vissuto il calvario del merito e tutte le sue sofferenze. In quasi due mesi di ricovero trascorsi in Rianimazione cardiochirurgica, infatti, Gaspare ha subito dieci interventi. Inizialmente ai familiari i medici riferirono che il primo intervento alla valvola era andato bene, poi, però, se ne rese subito necessario un secondo di intervento per la rivascolarizzazione che costrinse Gaspare alla dialisi, seguito da un altro per un calcolo alla colecisti. Le cose, a quel punto, iniziarono ad aggravarsi immediatamente con una nuova urgenza e la necessità di riportare il 60enne in sala operatoria per riparare l’arteria gastro duodenale che era stata lesionata. Come se non bastasse da quel momento il paziente ha cominciato a perdere sangue internamente e si sono resi necessari altri interventi al fegato. Addirittura una volta in una sola giornata è stato sottoposto a due interventi chirurgici.

Un susseguirsi di operazioni e anestesie che hanno compromesso alla fine il quadro clinico degenerato fino alla morte per sepsi del 60enne entrato in ospedale per un problema cardiaco. In fase di indagini preliminari sono state disposte consulenze di parte per accertare la connessione tra la morte e quell’arteria recisa che hanno portato a conclusioni contrastanti. Si ricorrerà in appello.

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