«Noi abbiamo una grande responsabilità primariamente pastorale» prosegue facendo un parallelo: «Anche nei nostri gruppi ecclesiali un ragazzo di azione cattolica o degli scout che viene a studiare a Teramo, può continuare l’esperienza scout, così avere tanti laureati ancora a disposizione forma veramente un tessuto nazionale significativo, non sono più persone che vanno via tout court ma si sentono parte del proprio territorio». Allora il primo step di quest’operazione, il vescovo la individua nel lavorio incessante nelle università dove sono in gran numero i teramani e gli abruzzesi in genere. Finora ha incontrato studenti alla Cattolica di Roma e di Milano (qui sono in gran numero i giuliesi) «ma abbiamo iniziato nella capitale perché vi sono molti professori di queste parti».
Poi sarà la volta della Sapienza, Lumsa, Tor Vergata e Luiss: «Verranno creati gruppi permanenti che interesseranno prof e studenti, in modo che si creino associazioni e per finire veri e propri centri culturali, a settembre abbiamo in mente di fare un incontro a Teramo dove faremo incontrare la Regione Abruzzo e i giovano laureati fuori sede, perché non vengano abbandonati a sé stessi». Le professionalità teramane nel mondo devono portare “innovazione e crescita culturale” al proprio territorio: «Ho incontrato ragazzi che hanno una clinica privata a Las Vegas che vogliono tornare; la Regione, i vari enti ma anche le aziende hanno bisogno di personale qualificato».
Il vescovo fa un appello al mondo politico locale perché il territorio tra Laboratorio di fisica nucleare, l’Izs, l’Università, il conservatorio, l’università, può mettere un freno alla fuga dei cervelli. Con il rettore, dopo la carta di Teramo, ha preso altri impegni tra cui quello di far completare a Teramo la triennale con la magistrale o anche viceversa. L’appello finale è rivolto ai genitori: «La Chiesa non abbandona i propri giovani» assicura il Vescovo. «Ci impegneremo sempre più ad accompagnarli in questo percorso formativo perché si realizzi il loro progetto di vita».
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