Lady Coumadin morta suicida a Pescara: tentò di uccidere il marito con il potente farmaco

Prima di uccidersi aveva staccato la corrente elettrica e accanto al quadro aveva lasciato un cartello con su scritto "Non accendere la luce"

Pescara, suicida Lady Coumadin: tentò di uccidere il marito con il potente farmaco
di Patrizia Pennella
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Giovedì 9 Dicembre 2021, 08:36 - Ultimo aggiornamento: 09:01

L'ultima protesta: uno striscione steso sul balcone di un paese a lei sconosciuto. L'ultimo gesto di rabbia contro gli investigatori e il magistrato che, con le loro indagini, l'hanno fatta condannare a tredici anni e otto mesi di reclusione: Lady Coumadin è uscita di scena in perfetta solitudine, a centinaia di chilometri da casa, con la testa infilata in un sacchetto di plastica in cui aveva inserito un tubo del gas. Daniela Lo Russo, 46 anni, di origini pugliesi, ma da anni residente a Pescara, si è uccisa la scorsa notte a Serra San Bruno, una cittadina di poco più di seimila anime in provincia di Vibo Valentia, in Calabria.

Stavolta non sono arrivati a salvarla le agenti della polizia penitenziaria, come avvenne un mese e mezzo fa, nel carcere di Teramo, quando tentò il suicidio più o meno nello stesso modo: sacchetto di plastica in testa e gas della bomboletta da campeggio utilizzato per soffocarsi.

Anche allora il gesto compiuto nella tarda serata. Pochi giorni prima le era stata rigettata la richiesta di arresti domiciliari. Qualche giorno fa, invece, il Tribunale del Riesame dell'Aquila quella richiesta l'aveva accolta e il 2 dicembre Daniela Lo Russo era arrivata in Calabria, per abitare un appartamento che le era stato messo a disposizione da una onlus che si occupa proprio di aiutare persone in difficoltà.

In quelle stanze è rimasta per una settimana: nella cittadina di lei nessuno conosceva la storia, quella di una donna che, nel 2016, aveva tentato di uccidere il marito a colpi di piccole dosi di anticoagulante e che nell'operazione aveva coinvolto anche il figlio, Michele Gruosso, condannato con lei a 12 anni e 8 mesi. Una donna che in una mattina d'estate aveva messo a ferro e fuoco Pescara con finti pacchi bomba, in luoghi strategici, per nascondere il vero obiettivo della minaccia, la pm Rosangela Di Stefano, che rappresentava l'accusa nel processo per tentato omicidio. Nessuno sapeva che un giorno era andata in una cancelleria della Corte d'Appello, aveva chiesto di vedere il suo fascicolo, aveva preso le carte e ne aveva fatto un falò in strada. E che per quella ragione era tornata in carcere.

I carabinieri, coordinati dal capitano Francesco Conigliaro, sono andati a controllare l'abitazione semplicemente perché il braccialetto elettronico del quale era stata dotata ha dato un segnale di allarme. Quando sono arrivati hanno trovato appesi sul balcone due teli bianchi, con scritte contro la pm Di Stefano e contro gli investigatori, tutti accusati di averla spinta al suicidio. A quel punto hanno deciso di entrare nell'appartamento. Per mettere in sicurezza la zona, hanno chiesto anche l'aiuto dei vigili del fuoco del distaccamento locale. Una volta aperta la porta hanno trovato la donna stesa sul pavimento della cucina: aveva un sacchetto intesta e aveva inalato il gas proveniente dalla bombola che era nell'appartamento.

Prima di uccidersi aveva staccato la corrente elettrica e accanto al quadro aveva lasciato un cartello con su scritto Non accendere la luce. Che Daniela Lo Russo abbia voluto morire non ci sono dubbi: in ogni caso il magistrato viste le circostanze ha disposto che venga eseguito l'esame medico legale. Dieci giorni fa, nel corso del processo d'appello per il tentato omicidio del marito, il professor Stefano Ferracuti aveva depositato la perizia psichiatrica, chiesta dal difensore di Lo Russo, che ha accertato come la donna fosse sia capace di intendere e di volere all'epoca del delitto, si perfettamente capace di partecipare coscientemente al processo e di difendersi.

Il consulente della Corte d'Assise aveva descritto l'imputata come una persona molto intelligente, provata da una storia personale difficile, delusa dal secondo marito, con l'illusione di poter vivere in una grande casa in armonia con i figli. La solitudine deve aver rotto l'ultimo argine della sua determinazione: ha steso sul balcone i due striscioni e si è uccisa. La prossima settimana sarebbe dovuta tornare all'Aquila per il processo, con il rito abbreviato, per i fascicoli sottratti e distrutti. Ma la sentenza stavolta Daniela Lo Russo ha deciso di scriverla da sé.
 

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