Strozzò il padre durante un litigio, Giuseppe Di Martino condannato a 21 anni in appello

Giuseppe Di Martino con il suo avvocato
di Marcello Ianni
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Venerdì 17 Marzo 2023, 08:13

«Giovanni Di Martino è morto per asfissia meccanica violenta, mediante strozzamento. Lo stesso medico legale ha dichiarato di non aver rinvenuto lesioni da attività difensiva sulla vittima. Chi ha perpetrato l'azione delittuosa, ha avuto campo libero senza superare nessuna difesa valida». Così il procuratore generale facente funzioni della Corte D'Appello dell'Aquila, Alberto Sgambati nella requisitoria che ha convinto il collegio della Corte d'Assise d'Appello sulla volontà omicida di Giuseppe Di Martino, 48enne, condannato ieri a 21 anni di reclusione per la morte del padre 73enne al termine di un violento litigio scoppiato nella casa di Silvi nella notte tra il 13 e 14 giugno del 2019. Imputato (ora agli arresti domiciliari) presente in aula, condannato in primo grado di 25 anni.

Dito puntato da parte dell'accusa sull'arrivo dell'anziano «già cadavere» al pronto soccorso, due ore dopo l'omicidio. Nella ricostruzione frutto di diverse consulenze medico legali e tecniche, il procuratore generale ha rimarcato come dalle tracce di sangue rinvenute dai carabinieri (in parte lavate con acqua e varechina da parte della mamma dell'imputato sotto inchiesta per reticenza) si è potuto osservare come l'aggressione all'anziano è avvenuta a terra: «Tutte le tracce di sangue - ha detto Sgambati nella requisitoria - sono state rinvenute a una distanza lineare di due metri e mezzo dal luogo del ferimento, al centro del salotto, e a un'altezza non superiore ai 40 centimetri.

Sangue poi da proiezione e non da gocciolamento».

L'anziano in seguito di una serie di lesioni e fratture (anche alla schiena) era impossibilitato ad alzarsi. Sempre nella ricostruzione che ha fatto il magistrato requirente si spazio anche al teste chiave, una vicina di casa che alle 22,30 aveva sentito l'anziano urlare verso il figlio "assassino, assassino". Per il pg quanto accaduto nell'abitazione non può essere considerato un omicidio preterintenzionale «vista la violenza e la pervicacia compiuta dall'imputato che non poteva non pensare che lo stesse uccidendo quando con la mano ha afferrato il collo del padre e ha impresso una maggiore forza».

Insomma una «sproporzione di età e fisico» tra i due uomini che non dà l'idea di una colluttazione ma «piuttosto un'aggressione unilaterale, del figlio verso il padre». La difesa rappresentata dall'avvocato Marco Pierdonati ha tentato di "minare" punto su punto i motivi della sentenza rimasta, a suo dire, nel solco della probabilità delle ipotesi in violazione di quanto richiamato dalla Cassazione a Sezioni Unite. Difesa che anche ieri è tornata nuovamente a parlare di una «morte da miocardite da stress», ammettendo la colluttazione da parte del proprio assistito. Soddisfatto Sgambati dopo la lettura del dispositivo per la conferma di fatto dell'impianto accusatorio. L'avvocato Pierdonati ricorrerà in Cassazione. Per i motivi occorrerà attendere il mese di giugno.

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