L'olimpionico Stefano Baldini: «Quanti ricordi in Abruzzo!»

Stefano Baldini
di Paolo Sinibaldi
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Sabato 30 Maggio 2020, 12:56 - Ultimo aggiornamento: 14:09
Ha vinto la maratona olimpica per eccellenza, quella di Atene del 2004, ma è stato anche due volte campione europeo sempre sulla distanza di 42.195 metri e campione mondiale di mezza maratona, oltre ad aver primeggiato nelle competizioni principali del pianeta come la New York City Marathon e la London Marathon. Insomma, la carriera di Stefano Baldini 49enne, emiliano, si commenta da sola, oggi impreziosita dal ruolo di allenatore e di commentatore tecnico di Sky per l’atletica. Baldini ha partecipato a una lunga diretta Facebook ospite della social television LaTvlab e ha raccontato molti aneddoti anche legati all’Abruzzo. «Soprattutto in età giovanile, ho duellato spesso con atleti abruzzesi che avevano davvero un grande talento. Alcuni hanno raggiunto ottimi traguardi, ma tutti quanti avrebbero potuto ottenere di più e sono stati fermati da infortuni o comunque da varie avversità, peccato. Mi riferisco soprattutto al pescarese Marco Barbone, che tra gli Juniores corse i 1500 metri in 3’45” e sfiorò la vittoria continentale in un Europeo di categoria; o al mezzofondista veloce Paolo Colaneri, anche lui pescarese. O a un grintosissimo teramano, Walter Marcone, che davvero non mollava mai».
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Tanti duelli con atleti abruzzesi, ma anche tante gare corse proprio sul territorio abruzzese, specie quando la carriera di Baldini era già esplosa a livelli internazionali. Se gli nomini Miglianico, gli brillano gli occhi: «Una competizione storica, il Miglianico Tour, che ha mezzo secolo di storia. Ricordo perfettamente l’affetto del gruppo sportivo Ades che organizzava  l’evento, ricordo un paese intero stringersi intorno a noi atleti che davamo vita a un circuito  cittadino in notturna che coinvolgeva migliaia di spettatori e un nugolo di runner di valore mondiale. Un entusiasmo e una familiarità che non si vedono di frequente, un’alchimia che Miglianico sapeva creare. Come alloggio, eravamo sistemati sia in albergo a Pescara e si stava benissimo, ma anche un’edizione in particolare, in cui per stare più vicino alla partenza io ero stato alloggiato in una casa vicino al paese. Solo che la casa era in vendita, così all’interno erano rimasti solo pochi oggetti e io potevo contare praticamente su un letto, il bagno e qualche sedia dove poggiare le mie cose. Esperienza spartana e semplice, ma ero trattato come un figlio e non lo dimenticherò mai».



Qual è l’avversario più forte che hai mai incontrato? «Ne cito due. L’etiope Haile Gebrselassie, il più grande di tutti, non l’ho mai battuto, valeva 3’31” sui 1500 e poi anche la maratona in 2h03’59”, cioè era veloce e resistente ai massimi livelli. E con grande cervello: oggi è un imprenditore che gestisce centinaia di dipendenti. Cito anche il keniano Paul Tergat, un vero e proprio principe africano che quando correva sembrava veleggiare, l’eleganza impressa nella corsa». Quando ripartirà il movimento delle corse su strada e delle maratone, a tuo giudizio? «E’ un discorso che andrà valutato con attenzione. Ora riprenderà  il calcio ma giustamente a porte chiuse, perché non sarebbe facile gestire le folle sugli spalti. Lo stesso vale per le competizioni dove dovrebbero esserci centinaia o migliaia di atleti gomito a gomito, perdipiù con l’incognita degli spettatori. Io continui ad allenare i miei atleti come se si dovesse ricominciare a gareggiare domani, ma so che ci vorrà più tempo. Resto comunque fiducioso, perché noi uomini di sport dobbiamo sempre vedere il bicchiere mezzo pieno».
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