Dopo Covid, Stefano Mei racconta il suo Abruzzo: «L'atletica deve ripartire»
Tanti duelli con atleti abruzzesi, ma anche tante gare corse proprio sul territorio abruzzese, specie quando la carriera di Baldini era già esplosa a livelli internazionali. Se gli nomini Miglianico, gli brillano gli occhi: «Una competizione storica, il Miglianico Tour, che ha mezzo secolo di storia. Ricordo perfettamente l’affetto del gruppo sportivo Ades che organizzava l’evento, ricordo un paese intero stringersi intorno a noi atleti che davamo vita a un circuito cittadino in notturna che coinvolgeva migliaia di spettatori e un nugolo di runner di valore mondiale. Un entusiasmo e una familiarità che non si vedono di frequente, un’alchimia che Miglianico sapeva creare. Come alloggio, eravamo sistemati sia in albergo a Pescara e si stava benissimo, ma anche un’edizione in particolare, in cui per stare più vicino alla partenza io ero stato alloggiato in una casa vicino al paese. Solo che la casa era in vendita, così all’interno erano rimasti solo pochi oggetti e io potevo contare praticamente su un letto, il bagno e qualche sedia dove poggiare le mie cose. Esperienza spartana e semplice, ma ero trattato come un figlio e non lo dimenticherò mai».
Qual è l’avversario più forte che hai mai incontrato? «Ne cito due. L’etiope Haile Gebrselassie, il più grande di tutti, non l’ho mai battuto, valeva 3’31” sui 1500 e poi anche la maratona in 2h03’59”, cioè era veloce e resistente ai massimi livelli. E con grande cervello: oggi è un imprenditore che gestisce centinaia di dipendenti. Cito anche il keniano Paul Tergat, un vero e proprio principe africano che quando correva sembrava veleggiare, l’eleganza impressa nella corsa». Quando ripartirà il movimento delle corse su strada e delle maratone, a tuo giudizio? «E’ un discorso che andrà valutato con attenzione. Ora riprenderà il calcio ma giustamente a porte chiuse, perché non sarebbe facile gestire le folle sugli spalti. Lo stesso vale per le competizioni dove dovrebbero esserci centinaia o migliaia di atleti gomito a gomito, perdipiù con l’incognita degli spettatori. Io continui ad allenare i miei atleti come se si dovesse ricominciare a gareggiare domani, ma so che ci vorrà più tempo. Resto comunque fiducioso, perché noi uomini di sport dobbiamo sempre vedere il bicchiere mezzo pieno».
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