Spari al cuoco, parla Pecorale: «Non sono un mostro»

Spari al cuoco, parla Pecorale: «Non sono un mostro»
di Patrizia Pennella
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Giovedì 21 Aprile 2022, 08:15

«Non sono un mostro. Mi hanno raccontato che questo dicono di me. Ma io non sono un mostro». Sono solo le paure a filtrare dal secondo incontro che Federico Pecorale ha avuto ieri, nel carcere di Ancona, con il suo legale, l'avvocato Florenzo Coletti. Paure amplificate dalla permanenza in cella. Pecorale ha dunque deciso di rompere il silenzio, strategia che il difensore aveva evidentemente considerato necessaria nell'immediato, e chiederà di essere ascoltato dal giudice in un interrogatorio formale. L'istanza potrebbe essere depositata in Procura oggi stesso.


Nell'indagine per il tentato omicidio di Yelfry Rosado Guzman, il cuoco 23enne contro cui Pecorale ha sparato cinque colpi di pistola, l'unico tassello che manca è proprio la verità di Federico. Una verità che potrebbe essere tecnicamente agganciata a un qualche elemento che l'avvocato Coletti cerca nelle riprese delle telecamere di videosorveglianza di Casa Rustì, il ristobar del centro di Pescara in cui si è verificata la sparatoria.

Una verità sicuramente di parte, che potrebbe rispondere all'unico interrogativo rimasto in questa vicenda: perché? Perché da un pugno in pieno viso si passa a cinque colpi di pistola: davvero per gli arrosticini salati male? Il come, invece, è chiarissimo: lo racconta la sequenza delle immagini riprese dalle telecamere e la testimonianza di Martina, la ragazza che alle 14 della domenica delle Palme era insieme a Yelfry dietro il bancone del ristobar di piazza Salotto. Sono i due elementi acquisiti nell'immediato dagli agenti della squadra mobile, coordinati dal dirigente Gianluca Di Frischia, e incrociati nel rapporto che ora fa parte del fascicolo di prove che si va formando in vista del processo. Fascicolo in cui sono confluite anche le dichiarazioni di Yelfry che, ancora affaticato ma sostanzialmente coerente, ha ricordato tutti i passaggi del dramma.
 

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