Allusione anche, ma non solo, al risarcimento, che non è certo un capriccio per Matrone il quale, con una gamba e un braccio quasi inservibili, la sua attività artigianale non può più svolgerla e deve tirare su, facendogli anche da mamma, la figlia Gaia, che ha solo nove anni.
Eppure, nel Decreto Semplificazioni varato dall’allora Governo Giallo-Verde nel febbraio del 2019 erano stati stanziati dieci milioni di euro per gli indennizzi, e lo scorso autunno Palazzo Chigi aveva istituito una commissione tecnica ad hoc, con il coinvolgimento dei sindaci dei Comuni di residenza delle vittime, per individuare i destinatari di questi fondi. “Ma l’iter non si sblocca e finora non abbiamo ricevuto un centesimo” prosegue Matrone, che è assistito da Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini, e dall’avvocato Andrea Piccoli, del Foro di Treviso. Tanto che nei giorni scorsi il senatore 5 Stelle abruzzese Primo Di Nicola ha presentato un’interrogazione per chiedere conto dei ritardi della procedura e sollecitarne la conclusione. «Dovremo arrivare al punto di incatenarci sotto qualche palazzo governativo per far valere i nostri diritti?» prosegue il superstite, a cui però, oltre a quella economica, manca soprattutto l’attesa risposta da parte della giustizia.
Già prima il procedimento penale avanzava a rilento, «ma adesso con il lockdown per l’emergenza coronavirus si è proprio arenato tutto per mesi - prosegue Giampaolo Matrone - Siamo fermi all’udienza tenutasi il 31 gennaio e ci troviamo ancora nella fase di costituzione delle parti». Il processo era stato rinviato al 27 marzo per l’udienza in cui si sarebbe finalmente dovuto iniziare a entrare nel merito, ma a causa della pandemia si è bloccato tutto. Un mese fa è stato notificato il nuovo rinvio al 10 luglio, ma resta un grosso punto di domanda “logistico” perché nell’aula del Tribunale di Pescara dove finora è stato celebrato il processo, e dov’è tuttora calendarizzata anche la prossima udienza, con tutte le parti coinvolte, allo stato sarebbe impossibile rispettare le norme di distanziamento sociale: tra imputati, 25, e parti civili, i soggetti che possono partecipare sono 139, a cui vanno aggiunti i rispettivi legali.
“Non so davvero se vedremo mai la luce in fondo al tunnel di questo processo e una sentenza - conclude amaro Matrone - Ritardi e omissioni sono stati alla base di questa immane sciagura e continuano a perseguitarci anche dopo”. Ma oggi la sua amarezza è davvero forte.
«Su Rigopiano è tutto fermo - lamenta il trentaseienne pasticciere di Monterotondo, che nel resort di Farindola sepolto dalla valanga ha passato 62 lunghe e interminabili ore, uscendo vivo ma senza la compagna della sua vita e con gravi postumi invalidanti - E’ inconcepibile che in tre anni e mezzo lo Stato, che pure è chiamato in causa a più livelli su questa vicenda, non abbia dato una sola risposta ai familiari delle vittime e ai sopravvissuti». Allusione anche, ma non solo, al risarcimento, che non è certo un capriccio per Matrone il quale, con una gamba e un braccio quasi inservibili, la sua attività artigianale non può più svolgerla e deve tirare su, facendo anche da mamma alla figlia Gaia, che ha solo nove anni.
Eppure, nel Decreto Semplificazioni varato dall’allora Governo Giallo-Verde nel febbraio del 2019 erano stati stanziati dieci milioni di euro per gli indennizzi, e lo scorso autunno Palazzo Chigi aveva istituito una commissione tecnica ad hoc, con il coinvolgimento dei sindaci dei Comuni di residenza delle vittime, per individuare i destinatari di questi fondi. «Ma l’iter non si sblocca e finora non abbiamo ricevuto un centesimo» prosegue Matrone, che è assistito da Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini, e dall’avvocato Andrea Piccoli, del Foro di Treviso. Tanto che nei giorni scorsi il senatore 5 Stelle abruzzese Primo Di Nicola ha presentato un’interrogazione per chiedere conto dei ritardi della procedura e sollecitarne la conclusione. «Dovremo arrivare al punto di incatenarci sotto qualche palazzo governativo per far valere i nostri diritti?» prosegue il superstite, a cui però, oltre a quella economica, manca soprattutto l’attesa risposta da parte della giustizia.
Già prima il procedimento penale avanzava a rilento, «ma adesso con il lockdown per l’emergenza coronavirus si è proprio arenato tutto per mesi - prosegue Giampaolo Matrone - Siamo fermi all’udienza tenutasi il 31 gennaio e ci troviamo ancora nella fase di costituzione delle parti». Il processo era stato rinviato al 27 marzo per l’udienza in cui si sarebbe finalmente dovuto iniziare a entrare nel merito, ma a causa della pandemia si è bloccato tutto. Un mese fa è stato notificato il nuovo rinvio al 10 luglio, ma resta un grosso punto di domanda “logistico” perché nell’aula del Tribunale di Pescara dove finora è stato celebrato il processo, e dov’è tuttora calendarizzata anche la prossima udienza, con tutte le parti coinvolte, allo stato sarebbe impossibile rispettare le norme di distanziamento sociale: tra imputati, 25, e parti civili, i soggetti che possono partecipare sono 139, a cui vanno aggiunti i rispettivi legali.
«Non so davvero se vedremo mai la luce in fondo al tunnel di questo processo e una sentenza - conclude amaro Matrone - Ritardi e omissioni sono stati alla base di questa immane sciagura e continuano a perseguitarci anche dopo».
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