Se n'è andato Di Paolo, il paladino dell'uso terapeutico della marijuana

Se n'è andato Di Paolo, il paladino dell'uso terapeutico della marijuana
di Patrizio Iavarone
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Martedì 18 Maggio 2021, 09:46

SULMONA - Aveva mangiato e brindato con amici la sera prima, anche per festeggiare la seconda dose di vaccino che aveva ricevuto circa due settimane fa: un'altra battaglia difficile, quella del Covid, superata, per Marco Di Paolo, cinquantatre anni di Cansano, dopo una vita passata su una sedia a rotelle a combattere contro la sclerosi multipla e per i diritti alle cure palliative.


Di Paolo si è spento durante la notte scorsa, nel sonno, probabilmente come avrebbe voluto. Negli ultimi giorni si sentiva molto debole, ma non c'è verosimilmente nessuna correlazione con il fatto che avesse ricevuto la seconda dose di vaccino: il suo fisico si era fortemente debilitato, dopo aver trascorso una vita a combattere contro la malattia degenerativa.

Uomo di grande spessore, artista per diletto, paladino dell'uso terapeutico della marijuana, Marco Di Paolo, che prima di ammalarsi era un poliziotto, si era battuto in tribunale, fino ad ottenere ragione, per l'uso della cannabis per la cura della malattia. «E' un diritto costituzionalmente tutelato- ripeteva- e come tale deve essere garantito dal servizio sanitario nazionale».


E infatti era stato il primo, in Italia, ad ottenere una sentenza storica con la quale, nel 2011, i magistrati riconobbero il suo diritto a ricevere la marijuana gratuitamente dalla Asl.

La sua battaglia era stata festeggiata come un successo dalle associazioni e dai gruppi politici che da sempre si battono per la legalizzazione della cannabis, ma lui non si era fermato dopo aver ottenuto il barattolo giallo dalla Asl.


Subito dopo aveva infatti aperto un altro fronte di lotta, ovvero il riconoscimento del diritto a produrre da solo la sua medicina, anziché costringere la Asl ad importarla dall'Olanda con una spesa sproporzionata rispetto al valore della merce (già al tempo era stata calcolata una spesa di 1200 euro al mese per garantirgli 270 grammi di marijuana al mese). Una battaglia, anche questa, che in parte aveva vinto, anche perché dopo il suo caso la cannabis cominciò ad essere prodotta negli stabilimenti militari dello Stato.


La notizia della sua morte ha lasciato un grande vuoto nelle tante persone che lo conoscevano: dagli amici del liceo classico, ai tanti che lungo corso Ovidio a Sulmona si fermavano a parlare con lui a lungo davanti al bar del cugino. Era capace di reggere un confronto per ore, con la voce che a stento stava dietro alla sua testa. Di Paolo non ha voluto il funerale.

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