L'Aquila, dipendente molestata e ridotta in schiavitù: costretta a filmarsi nuda sul posto di lavoro. Sotto accusa romano di 53 anni

Schiava del sesso costretta a filmarsi nuda anche sul posto di lavoro: sotto accusa romano di 53 anni
di Marcello Ianni
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Giovedì 10 Febbraio 2022, 08:24 - Ultimo aggiornamento: 11 Febbraio, 09:54

Costretta a filmare ogni giorno la propria biancheria intima e a compiere atti di autoerotismo mentre era al lavoro. Nulla in confronto agli innumerevoli rapporti sessuali forzati prima e dopo aver lavorato, arrivando persino alle lacrime, che invece di impietosire il presunto aguzzino, lo avrebbero eccitato. Ora l'uomo dovrà comparire dinanzi al Tribunale collegiale dell'Aquila per rispondere di tali presunti e gravi reati.

Ad interrompere di fatto quella che si può ipotizzare in una riduzione in schiavitù sessuale cui da tempo era costretta la donna, sono stati gli agenti della Quarta Sezione della Squadra mobile della Questura dell'Aquila.

L'imputato è un uomo di 53 anni, originario di Roma, operante in città nel settore del recupero sociale, accusato di violenza sessuale, stalking e minacce, assistito dall'avvocato Gianluca Di Genova.

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Minacce iniziate dopo poco tempo l'avvio della relazione sentimentale consistite nel pubblicare le foto osè e vari video hard con la parte offesa (rappresentata dall'avvocato Simona Giannangeli) sui siti di incontri e altre chat. Il risultato è stata la trasformazione della donna in una sorta di schiava del sesso a comando: costretta a indossare una maschera di raso di colore nero e farsi scattare foto mentre era nuda, costretta a compiere atti di autoerotismo. Rapporti forzati che hanno preso avvio nel 2017.

«Giunta al lavoro - si legge nelle carte dell'accusa - e sempre sotto la minaccia della divulgazione, la parte offesa doveva videochiamare l'indagato, recarsi al bagno e masturbarsi». Venuto a sapere che la donna si era legata con un ragazzo, l'uomo ha rincarato la dose, costringendola ad avere rapporti sessuali filmati con il telefonino fuori dall'edificio di lavoro, con tanto di saluto finale al nuovo compagno. Anche in questo caso sotto la minaccia «di uccisione dei suoi cani, della famiglia del nuovo compagno». La malcapitata sarebbe stata costretta a «inviargli i turni di servizio mensili di lavoro, chiamarlo la mattina quando usciva per andare al lavoro, a mantenere il contatto telefonico lungo lo stesso tragitto, a telefonargli più volte durante la giornata». La donna doveva anche chiamarlo amore e prendergli la mano quando passeggiavano in pubblico, come una normale coppia. Quando gli agenti hanno perquisito l'abitazione dell'imputato (inizialmente arrestato) si è aperto un vaso di Pandora perché tutto era registrato, filmato e conservato, compresi i messaggi di minacce tra telefono e pc.

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