Scherza col cuoco/ Piatti tipici abruzzesi, tanti ingredienti ma uno solo il supporto: la pasta

La tipica pasta abruzzese fatta a mano
di Carlo Gizzi
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Domenica 25 Ottobre 2020, 15:44

L'AQUILA - Qual è il piatto tipico della cucina abruzzese? Se rivolta a noi abruzzesi, a questa domanda ciascuno darebbe una risposta diversa: le mazzarelle, direbbero da Teramo e dintorni pregustando quei morbidi fagottini di cuore e fegato di agnello, avvolti in una foglia di lattuga e tenuti stretti da un intreccio di budellino, anche questo di agnello; le rustelle, affermerebbero i fieri buongustai delle zone interne di Chieti e di Pescara, avvolti in una voluttuosa nuvola di fumo sprigionato dallo sfrigolare di piccoli pezzetti di copertina di pecora, infilzati in fila in uno spiedino di legno, che si rosolano lentamente su un letto di brace; gnocchetti e lenticchie, gli farebbero eco dall’Aquilano, precisando che la piccola leguminosa deve essere tondeggiante, scura e cresciuta sui terreni sassosi e di alta quota di Santo Stefano di Sessanio; i maccheroni alla chitarra direbbero sicuri dalle zone interne dell’Abruzzo dove quel piccolo telaio di legno di càrpino su cui sono tese delle corde di acciaio parallele, si chiama lu carrature o ju carraturu e fino all’inizio del secolo figurava tra i tanti oggetti facenti parte del corredo nuziale.

In realtà in Abruzzo è difficile parlare di un piatto tipico regionale, come la “bagna cauda” per il Piemonte, l’ossobuco per la Lombardia, il pesto per la Liguria, il tortellino per l’Emila-Romagna, la ribollita per la Toscana, gli “scialatielli” per la Campania, la “pasta ‘ncasciata” per la Sicilia, i “malloreddus” per la Sardegna. In Abruzzo, invece, svariati sono i piatti tipici quante sono le provincie, le città, i borghi, le contrade di questo variegato territorio.

Nel suo naturale carattere nato dall’intreccio di culture, tradizioni, etnie, dialetti e territori diversi, sono forse da ricercare le ragioni di tanta diversità che si ripercuote, per evidenti motivi, anche e soprattutto sulle abitudini alimentari delle sue genti.

L’Abruzzo- anzi: gli “Abruzzi”, come cita all’art. 131 la nostra Costituzione- è quindi uno scrigno a svariati scomparti contenenti i preziosi prodotti della terra e dell’ingegno agroalimentare che danno luogo a preparazioni di una varietà e di una originalità difficili rinvenire in altre regioni.

Non di un piatto, quindi, si può parlare, ma di tanti piatti tipici che fanno di questa una delle regioni più prolifiche in...cucina. Se vogliamo, una delle preparazioni più gradite che mette d’accordo tutti gli abruzzesi, è la pasta fatta a mano, con o senza le uova. Come i maccheroni alla mugnaia, nati a Elice, un piccolo centro della vallata del Fino. Si tratta di un lungo cordone lavorato a mano, di forma irregolare la cui sezione varia da 4 a 8 millimetri e la cui lunghezza è illimitata.


LA RICETTA
L’impasto, ottenuto da 200 gr di semola, 200 di farina, 2 uova, 150 gr di acqua tiepida, un pizzico di sale e un cucchiaio di olio extravergine, dopo il riposo viene lasciato sulla spianatora; con i pollici si pratica un foro al centro che via via si allarga, assottigliando l’anello ottenuto facendolo passare tra le mani fino allo spessore desiderato, con un movimento che fa pensare all’atto della mungitura delle mucche. Terminata la lavorazione, la mugnaia appare come un’unica collana di pasta, lunga e irregolare. Per la cottura, si getta la collana nell’acqua bollente. La si lascia cuocere per una decina di minuti prima di scolarla delicatamente e di adagiarla, integra, al centro della spianatora. La mugnaia, detta anche molinara, si condisce con un buon sugo di carne e pecorino grattugiato. I commensali, seduti intorno alla tavola di legno, con la forchetta staccano un tratto di maccheroni e...se lo mangiano!

Carlo Gizzi

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