SCHERZA COL CUOCO/ Il “boom” in Abruzzo del vino naturale

Vino naturale
di Carlo Gizzi
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Mercoledì 30 Settembre 2020, 15:13
L’AQUILA - “Quando, dunque, ti saranno offerti i doni di Bacco sulla mensa/ e avrai una donna accanto a te sul letto tricliniare/ prega il padre Nyctelio e i sacri riti della notte/ di far sì che il vino non ti dia alla testa” (dalle Metamorfosi di Ovidio, I sec.).
Fin dall’antichità le virtù del vino, se consumato responsabilmente e con rispetto, non sono mai state messe in discussione quanto a gusto e salute. Lo storico greco Polibio (II sec. a.C.) riferisce che quando Annibale, alla guida del suo esercito cartaginese, percorrendo la Via Metella attraversò i Monti della Laga per sorprendere i Romani sulla costa adriatica, per rinvigorire i suoi uomini prima della battaglia fece bere loro il vino prodotto negli Aprutzi col quale lavò anche i cavalli per guarirli dalla scabbia.
E’ universalmente riconosciuto che la viticoltura abruzzese ha caratterizzato questo territorio dall’inizio della storia: posizionato tra il Gran Sasso, la Majella e l’Adriatico, l’Abruzzo presenta una varietà molteplice di microclimi e di terreni che fanno sì che le sue uve offrano vini di grande qualità che nelle sfumature ricordano il carattere degli abitanti di questa terra.
LA NATURA NEL BICCHIERE
Alla conquista di sempre più vasti spazi sulle nostre tavole, un nuovo vino comincia a farsi apprezzare non solo per la natura biologica di provenienza, ma anche per le sue qualità organolettiche alle quali si aggiunge la purezza e al tempo stesso la complessità del bouquet che lo caratterizza: il vino naturale.
E’ il frutto della spremitura dell’uva raccolta manualmente; i grappoli vengono lasciati interi e sono messi a fermentare spontaneamente con i lieviti indigeni senza che nessun intervento esterno vada a precludere, modificare o controllare il risultato finale. Anche il suolo viene lavorato a mano e senza l’apporto di alcun elemento di sintesi; anche se a volte il vignaiolo/vinificatore (che deve essere la stessa persona) è costretto a piegarsi all’utilizzo di solfiti.
Il vino così ottenuto, non deve contenere zuccheri o mosti concentrati, lieviti o enzimi che favoriscano la fermentazione o che ne aggiustino l’acidità.
Per queste ragioni il vino naturale è espressione della terra su cui nascono i tralci e ci racconta storie, tradizioni e metodi di coltivazione dei luoghi e delle persone da cui proviene. Essendo un alimento naturale, questo vino ci invita ad entrare nella sua storia, a conoscere le persone che ci stanno dietro, il suolo da cui ha avuto origine, a percepire i profumi delle colture di altro genere, quali legumi, olivi e cereali, che quasi sempre accompagnano la crescita dei tralci.
Assaggiando un calice di questo vino, svanita la breve sensazione di stupore dovuta alla “novità” del sapore, si ha la certezza di accostarsi a un prodotto naturale che comunica la bellezza della sua biodiversità: una bottiglia non sarà mai uguale all’altra; proprio al contrario di quanto avviene con i vini prodotti in serie, tutti con le stesse procedure omologate e risultanti dalla produzione e dal know-how dell’enologo.
Tutto ciò, “naturalmente”, senza nulla togliere al valore dei vini più tradizionali - soprattutto le tante prestigiose etichette abruzzese - di cui non si mette in dubbio la qualità e la piacevolezza.
Di vini naturali, alcuni anche Doc, in Abruzzo cominciamo ad averne tanti; perlopiù prodotti da giovani e appassionati vignaioli mossi dall’amore per la natura e dall’impegno nella conservazione e valorizzazione dell’enorme patrimonio naturale che sembra provenire dal passato: provare per credere!

Carlo Gizzi
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