Sanità Teramo: scontro in Tv tra Maurizio Brucchi e Alessandro Cecchi Paone

Sanità Teramo: Botte da orbi tra Maurizio Brucchi e Alessandro Cecchi Paone
di Tito Di Persio
3 Minuti di Lettura
Mercoledì 18 Novembre 2020, 11:37

Duro scontro in tv tra il giornalista Cecchi Paone e il neo direttore sanitario della Asl  di Teramo Maurizio Brucchi. Il pomo della discordia è la vicenda legata al Covid dell’avvocato Giordano Domenico: «I miei genitori sono stati lasciati soli – dice in lacrime l’avvocato - Mia madre è morta e mio padre è ancora ricoverato al Covid Hospital di Atri». 

Qui inizia un scambio di battute al vetriolo tra il direttore sanitario della Asl e il giornalista scientifico

«È per questo che l’Abruzzo è rosso» urla Cecchi Paone.

Brucchi «Mi faccia parlare»


Paone «Lei non deve parlare, deve fare. Mi dia il suo stipendio e veda come faccio lavorare la vostra Asl».

Brucchi «Si assumerà la responsabilità di quello che dice»

Paone «Lei è un burocrate senza titolo nominato dalla politica. Domani vengo in Abruzzo con una telecamera nel suo ospedale e dimostro che la sanità nel suo territorio è inesistente»

Brucchi «non accetto giudizi da una professore seduto su una sedia. Adesso viene qui, si mette un camice e le faccio vedere come lavoriamo»

Paone «Io vengo. Forse non hai capito»

Dopo la perdita della madre l’avvocato Giordano Domenico aveva scritto una lettera sfogo sul suo profilo Facebook: «Caro Gianguido D’Alberto, sindaco di Teramo, caro Maurizio Di Giosia, manager Asl di Teramo, caro Maurizio Brucchi, direttore sanitario Asl di Teramo, abbiamo un problema. Da quanto apprendo dai giornali, dalle lettere inviate da cittadini, dai racconti fatti sui gruppi Osservatorio Teramano, i ragazzi di corso San Giorgio ed altri, ed in ultimo, dalla mia stessa vicenda personale, a Teramo non funziona la medicina del territorio; cioè non funzionano tutte quelle strutture che dovrebbero prendersi cura dei malati prima che si aggravino e giungano in condizioni disperate in ospedale. Chi ha la sventura di contrarre il virus e non viene ospedalizzato è costretto a combattere la propria guerra da casa. Sulle famiglie grava tutto il peso dell’assistenza. Non tutti sanno usare l’ossigeno, fare le punture di eparina o far fronte alle innumerevoli difficoltà generate da una malattia dai molteplici sintomi e dalle innumerevoli complicanze.

Noi non siamo medici ma avvocati, commercianti, operai».

«Si dice - prosegue la lettera - che gli ospedali sono in affanno in questo periodo ma è inevitabile che ciò accada se chi dovrebbe intervenire prima non si attiva. Fate fare i tamponi ai medici di base, aumentate i drive in e affidate ai laboratori di analisi privati (ove possibile) l’analisi dei risultati. Se non si fanno i tamponi per tempo nessuno di noi saprà mai di essere malato e trasmetterà il virus ai familiari, agli amici ed ai colleghi di lavoro. L’Usca fa i tamponi con grandissimo ritardo, lo sanno tutti i malati ma anche i genitori dei bambini che vanno a scuola, gli insegnanti ed i presidi. Mi dicono che all’Usca, lavorano ragazzetti neolaureati muniti di buona volontà. Ma li occorre esperienza e competenza. Dove sono i medici, quelli con esperienza e competenze. Ho a cuore gli operatori del 118, quelli che stanno nei reparti Covid, e tutti i medici ospedalieri che sono costretti a fare il triplo salto mortale per salvare pazienti che giungono loro già ‘cadavere’. Ma perché non si agisce prima? Perché non evitare che le sale di terapia intensiva si saturino?».

© RIPRODUZIONE RISERVATA