Rigopiano, 15 stop: il processo è fermo. «Sprecati sei anni, è una vergogna»

Uno sciopero in aula scatena la rabbia dei parenti delle 29 vittime dell’albergo

Rigopiano, 15 stop: il processo è fermo. «Sprecati sei anni»
di Stefano Buda
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Giovedì 27 Ottobre 2022, 01:35 - Ultimo aggiornamento: 13:15

«Ventinove morti non scioperano, ma vogliono giustizia». È il messaggio che compare su uno degli striscioni esposti dai familiari delle vittime, ieri mattina, davanti al tribunale di Pescara, prima dell’ennesima udienza di rinvio del processo sul disastro dell’Hotel Rigopiano. Tra scioperi, problemi tecnici ed emergenza Covid, si tratta del quindicesimo slittamento. «Siamo delusi e infuriati – dice Giampaolo Matrone, il pasticcere di Monterotondo che è sopravvissuto alla tragedia nella quale ha perso la moglie Valentina Cicioni – Sono passati sei anni e il processo non è ancora iniziato, tanto che iniziamo a chiederci se ci sia davvero interesse affinché questo processo venga celebrato. È una vergogna».

L’intoppo

A far saltare di nuovo l’udienza, questa volta, è stato lo sciopero degli avvocati del foro di Avezzano, che protestano contro la carenza di personale amministrativo negli uffici giudiziari locali: due difensori degli imputati sono marsicani e, aderendo alla mobilitazione, hanno costretto il giudice a rinviare tutto a novembre. «È sempre più dura, perché all’inizio pensavamo che, passato il primo periodo, ci avrebbero pensato gli avvocati a farci avere giustizia – prosegue Matrone – Invece, mi sono reso conto che questa situazione va presa di petto in prima persona e quindi non mi resta che continuare ad affrontare questa battaglia con tutta la forza che ho in corpo».

Paola Ferretti ha raggiunto Pescara, appositamente per il processo, dalla provincia di Macerata. È il suo modo di onorare la memoria del figlio Emanuele Bonifazi, receptionist del resort, morto sotto le macerie all’età di 31 anni. «Proviamo tanta amarezza e ciò che sta accadendo è atroce – spiega lei – perché continuiamo a invecchiare e giorno dopo giorno cresce in noi il terrore di morire senza riuscire a dare giustizia ai nostri angeli». Ferretti poi rivolge un appello al nuovo ministro della Giustizia, Carlo Nordio: «Faccia qualcosa per modificare questo sistema giudiziario perché è qualcosa di veramente penoso».

Il sospetto

Rincara la dose il presidente del Comitato vittime di Rigopiano, il romano Gianluca Tanda, che nell’hotel abruzzese ha perso il fratello Marco di 25 anni. «È il terzo sciopero che va ad interferire con il processo e inizia a sembrarci davvero strano che queste astensioni vengano proclamate ogni volta che c’è un’udienza su Rigopiano – osserva Tanda – Non siamo i soli a ritenere che il processo sul caso Rigopiano sia uno dei più importanti che si stanno tenendo in questo momento nel Paese e dunque crediamo che debba andare avanti e che meriti la massima attenzione». Tanda avverte: «In ogni caso noi non molleremo di un millimetro e continueremo a fare su e giù dalle nostre città con tutta la nostra sete di giustizia». Su un altro striscione compare un vero e proprio d’atto d’accusa. «L’incapacità, l’incompetenza e il menefreghismo hanno ucciso i nostri angeli – recita la scritta - La giustizia italiana sta uccidendo noi familiari». A pochi metri di distanza tre persone reggono un telo bianco con le immagini delle 29 vittime: 29 volti, sereni e sorridenti, di persone come tante, strappate alle proprie vite e ancora in attesa di verità e giustizia.

I giudici

In aula è il procuratore capo di Pescara, Giuseppe Bellelli, a farsi interprete del malessere delle parti civili, invocando «impegno, da parte di ciascuno, affinché il processo cammini con maggiore speditezza». Anche il gup Gianluca Sarandrea, che ha annusato il clima di rabbia e disappunto, tenta di rassicurare i familiari delle vittime. «Nelle prossime due udienze andremo avanti ad oltranza con l’esame dei periti – sono le sue parole – Poi avrà inizio la discussione e qualora ci rendessimo conto che è necessario intensificare il calendario delle udienze, valuteremo insieme se aggiungerne altre». Si tornerà in aula, dunque, il 9 novembre, per una tre giorni che si annuncia fittissima. Tutti gli imputati hanno chiesto e ottenuto il rito abbreviato e ciò potrà certamente contribuire ad accorciare i tempi del processo. Il confronto con il pool di super esperti del Politecnico di Milano, che hanno ricevuto l’incarico dal giudice, segnerà un passaggio di particolare importanza: spetterà infatti a loro fornire chiarimenti, per certi versi dirimenti, sulle ragioni del disastro e sulle eventuali responsabilità degli imputati. In particolare, ci sarà da sciogliere il nodo del nesso di causalità in riferimento all’eventuale incidenza delle scosse di terremoto sulla valanga.

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