Rigopiano, la difesa dell'ex prefetto: «Provolo non sapeva»

Rigopiano, la difesa dell'ex prefetto: «Provolo non sapeva»
di Stefano Buda
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Sabato 28 Gennaio 2023, 08:27

«Non sapeva». E' l'argomentazione su cui poggia in buona parte la difesa dell'ex prefetto Francesco Provolo, che rischia 12 anni di reclusione nel processo sul disastro dell'Hotel Rigopiano e sul relativo depistaggio. Ieri, in aula, gli avvocati Gian Domenico Caiazza e Sergio Della Rocca hanno parlato per circa tre ore, provando a smontare, punto per punto, le accuse. «E' un dato documentale insormontabile ha detto Caiazza che tanto il 16 e 17 gennaio, quando a Rigopiano non c'era emergenza, quanto il 18 gennaio, quando invece la situazione sulla strada provinciale 8 si andava complicando, nessuno ha mai informato i tavoli della Prefettura in merito alla criticità in atto». Caiazza ha spostato l'attenzione sul livello provinciale, evidenziando che «alle 10 del 18 gennaio, in Prefettura, c'era Mauro Di Blasio», responsabile del servizio Viabilità della Provincia e imputato. «Se però ha rimarcato il legale Di Blasio ha scelto di segnalare altrove le criticità di Rigopiano, noi non possiamo farci nulla». E ha aggiunto che «la situazione di Rigopiano era conosciuta da una ristretta cerchia di persone, che anziché segnalarla alla Sala operativa della Prefettura, come prevede la legge, hanno preferito rivolgersi al governatore dell'epoca D'Alfonso, al capo di gabinetto Ruffini o al parlamentare amico».

Secondo Caiazza, in ogni caso, «il fatto che la turbina, dopo la tragedia, abbia impiegato 12 ore per raggiungere Rigopiano dal bivio Mirri, certifica che qualsiasi intervento compiuto oltre questa soglia non avrebbe consentito di arrivare in tempo». La difesa dell'ex prefetto ha poi contestato le imputazioni riguardanti la mancata attivazione della Sala operativa e del Centro coordinamento soccorsi, in riferimento alle quali la Procura ha delineato anche l'ipotesi di falso ideologico. «Il 16 gennaio fu attivata una delle 14 funzioni del Ccs, riguardante la viabilità e il 17 gennaio la Sala operativa ha detto Caiazza la stessa perizia rileva che il prefetto e la sua struttura optarono per una sorta di coordinamento distribuito che non appare conforme alle prassi operative, ma che comunque svolse attività di gestione».

Tuttavia «un conto è sostenere che non sia stata svolta la funzione in modo conforme ha proseguito il legale e un conto è sostenere, come fatto dall'accusa, che non sia stata attivata la funzione e che addirittura si sia assistito ad una sorta di simulazione». In riferimento al depistaggio Caiazza ha affermato che «nella chiamata delle 11.38 fu segnalato il numero dei clienti presenti, in Prefettura non c'erano brogliacci ma solo foglietti volanti e non si capisce quale interesse avrebbe avuto l'ex prefetto a disporre la sottrazione di tale segnalazione». Caiazza ha quindi chiesto «l'assoluzione per Provolo, anche al fine di restituire l'onore ad un servitore dello Stato che ha già scontato la sua pena prima ancora di essere giudicato».

La ricostruzione fornita dalla difesa di Provolo tuttavia non ha convinto le parti civili. L'avvocato Emanuela Rosa, che assiste Francesco D'Angelo, fratello del cameriere del resort che alle 11.38 del 18 gennaio fece partire l'ultima telefonata da Rigopiano, ha sottolineato che «Gabriele D'Angelo chiamò la Prefettura per chiedere aiuto e per chiedere l'evacuazione del resort, non certo per comunicare il numero dei clienti presenti» e ha messo in rilievo che «proprio la sua telefonata, poi omessa, rappresenta la prova che la Prefettura, la mattina del 18 gennaio, conosceva la situazione delle 40 persone che volevano lasciare l'albergo e che non furono messe nelle condizioni di farlo». Per l'avvocato Daniele Ripamonti, difensore della dirigente prefettizia Ida De Cesaris, «è stata la stessa Procura a spiegare che soltanto la Provincia aveva la possibilità di intervenire per sgomberare dalla neve la strada per Rigopiano e dunque non si possono estendere gli addebiti omissivi a chi non aveva competenze al riguardo».

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