Falso ideologico e materiale. Sono le accuse contestate ai tre carabinieri forestali che, nel corso delle indagini sulla tragedia di Rigopiano, si occuparono della cosiddetta telefonata fantasma. E le versioni difensive fornite ieri ai Pm Mantini e Campochiaro dal colonnello Annaria Angelozzi, dal maresciallo Carmen Marinacci e all'appuntato Michele Brunozzi delineano piuttosto una controffensiva a tutto campo che porterà in breve a un esposto per calunnia contro l'ex capo della squadra mobile di Pescara Pierfrancesco Muriana. Uno scontro tra organismi di polizia giudiziaria senza precedenti, che ruota intorno a un tassello decisivo delle indagini sulla morte di 29 persone, tra ospiti e lavoratori dell'albergo sepolto da una valanga il 18 gennaio del 2017, e del successivo tentativo di depistaggio orchestrato, in potesi, dai vertici della prefettura.
È il verbale di un interrogatorio difensivo del 30 novembre scorso che riporta le accuse per niente velate di Muriana a proposito della telefonata con cui, alle 11.38 del 18 gennaio, cinque ore prima della valanga, il cameriere Gabriele D'Angelo chiese al Centro operativo dei soccorsi di Penne l'evacuazione dell'hotel isolato: «L'annotazione dell'agente Crosta allegata all'informativa dei cc forestali del 12 novembre 2018 - dichiara Muriana agli avvocati cristiana Valentini e Massimo Manieri, difensori del sindaco di Farindola - è mancante del timbro di protocollo che è apposto sull'originale dell'atto».
Viene così conteastata la doppia accusa di falso, mentre le difese annunciano un esposto per calunnia nei riguardi dell'ex dirigente della mobile, oggi in servizio a Manfredonia, e probabilmente anche alla procura di Campobasso per valutare l'atteggiamento complessivo dei magistrati di Pescara. Insomma, uno scontro a tutto campo tra le istituzioni chiamate a far luce sulla sciagura costata la vita a 29 persone, con molti degli 11 superstiti segnati per sempre. Non è difficile intuire l'importanza della posta in palio. Mettendo in fila la sorte della telefonata di D'Angelo, finita sotto la lente a inchiesta principale praticamente conclusa, il disguido nelle relazioni telematiche tra Ris di Roma e carabinieri di Pescara e il reale tenore della famosa riunione carbonara convocata dal prefetto il 24 gennaio a Penne, il sospetto che emerge è quello di un depistaggio agevolato da sponde nel campo degli inquirenti. La peggiore delle ipotesi per la serenità dei due processi appena avviati.
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