Ragazzino di 13 anni denudato e obbligato a fare flessioni in caserma: inchiesta sui poliziotti. Il questore: «Il suo avvocato era presente»

Sulmona, ragazzino di 13 anni denudato e perquisito: inchiesta sui poliziotti
di Patrizio Iavarone
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Sabato 27 Marzo 2021, 08:16 - Ultimo aggiornamento: 10:31

«Siamo un’amministrazione trasparente, tutto è stato fatto nel rispetto delle procedure e con serenità attendiamo l’esito delle indagini che altrettanto serenamente la magistratura sta portando avanti per fare chiarezza su questa vicenda». Così il questore dell’Aquila Gennaro Capoluongo ieri all’uscita del tribunale di Sulmona dove si è recato, accompagnato dal vice questore aggiunto Antonio Scialdone, per incontrare i magistrati che indagano sulla vicenda del ragazzino tredicenne denudato e perquisito il 14 febbraio scorso dai poliziotti nella caserma di via Sallustio di Sulmona, secondo la denuncia della madre sottoponendolo ad un’umiliazione e violando la sua intimità.

Sul caso il capo della procura della Repubblica di Sulmona, Giuseppe Bellelli, ha aperto un’inchiesta, mentre la senatrice Stefania Pezzopane (Pd) ha presentato un’interrogazione al governo chiedendo «se sia a conoscenza dei fatti e quali iniziative intenda adottare, anche in considerazione della giovanissima età del minore, per accertare lo svolgimento dei fatti e scongiurare anche in futuro il possibile verificarsi di episodi di abuso di autorità, in particolar modo nei confronti di soggetti minori di età».

Quattro i poliziotti coinvolti nella vicenda (quelli che hanno sottoscritto il verbale) e che, secondo la denuncia, avrebbero fatto spogliare il ragazzo, particolarmente pudico, intimandogli di fare delle flessioni al fine di verificare il possesso di droga, perquisizione che ha dato esito negativo. Il ragazzo era stato portato in caserma insieme ad un suo coetaneo dopo essere stato fermato in piazza Garibaldi mentre era in compagnia di un gruppo di ragazzi: con lui lo avevano accompagnato al commissariato il fratello maggiore e l’avvocato di famiglia, Stefano Michelangelo, che, però, dice di non aver assistito alla perquisizione perché si trovava in un’altra stanza.

Il tredicenne sarebbe quindi entrato nella stanza della perquisizione insieme al fratello e qui sottoposto al controllo. Il 25 febbraio, così, la mamma, che non era potuta intervenire perché in sorveglianza sanitaria, ha deciso di sporgere denuncia. «Abbiamo rispettato e garantito i diritti del ragazzo – aggiunge il questore Capoluongo – e d’altronde c’era anche il suo avvocato presente a garanzia proprio della correttezza della procedura». La famiglia però non ne è convinta e ritiene che la perquisizione andava fatta da un medico, date le difficoltà del ragazzo a spogliarsi in pubblico, e che comunque i sospetti della detenzione di droga erano infondati.

Ora indaga la procura di Sulmona che molto probabilmente nei prossimi giorni ascolterà il ragazzo con un incidente probatorio finalizzato a cristallizzare le prove.

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