SULMONA Quando il custode dell’eremo di Celestino V li ha visti l’altro giorno “danzare” in circolo con addosso dei veli simili a burka, li ha invitati ad uscire da quel luogo sacro, dove Pietro da Morrone decise di ritirarsi, anzi di tornare, dopo il “gran rifiuto”. I tarocchi, i tamburelli e le danze fatte proprio in quel posto, sono apparse a lui, come al presidente dell’associazione Celestiniana che si trovava sul posto per accompagnare dei sindaci del Nord Italia, come una sorta di sacrilegio. Un affronto alla spiritualità del luogo, per celebrare chissà quali riti new age.
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In realtà, spiega l’organizzatrice dell’appuntamento, «si è trattato di un grosso equivoco.
Lo sciamanismo
Un’azione di sciamanismo, insomma, di cui l’organizzatrice, che preferisce l’anonimato, è una praticante e “maestra”. La scelta dell’eremo di Celestino V per la prima e unica, finora, tappa abruzzese, non è stata d’altronde casuale: «Celestino è stato un rivoluzionario nella Chiesa – spiega – mal visto dai canonici per aver concesso il perdono. Un po’ come siamo stati visti noi domenica». All’intimazione ad uscire, il gruppo composto di cinque persone (quattro delle quali della Valle Peligna), ha obbedito senza polemiche, «però ci tengo a sottolineare – continua la psicosciamana – che avevamo chiesto l’autorizzazione e avevamo chiesto che l’eremo per l’occasione venisse chiuso al pubblico. Posso comprendere che agli occhi esterni la nostra azione possa essere apparsa stravagante, ma sarebbe bastato chiedere per evitare l’equivoco».
La performance
La performance, se così si può definire, fa parte in realtà di un vero e proprio tour nazionale che la psicosciamana, allieva di Jodorowsky, sta compiendo e dedicato alla Maddalena e ai suoi segreti, di cui Celestino e i celestiniani sarebbero uno dei testimoni di passaggio. Una spiritualità non convenzionale che evidentemente è stata vista male da chi si trovava domenica all’eremo: «L’eremo è luogo di tutti – commenta il presidente dell’associazione Celestiniana, Giulio Mastrogiuseppe -, ma proprio perché sia tale è necessario che chiunque lo frequenti abbia rispetto per ciò che esso rappresenta».