Erano finiti in quaranta sotto processo all'Aquila per aver manifestato, il 24 novembre 2017, contro il 41 bis e «l'accanimento vessatorio dell'amministrazione penitenziaria nei confronti della prigioniera politica Nadia Lioce», la brigatista che uccise, nell'ultimo agguato delle Nuove brigate rosse, il giuslavorista collaboratore del ministero del Lavoro Marco Biagi. Ma la prescrizione dal reato contravvenzionale, ha posto la parola fine al maxi processo.
Gli attivisti del "Movimento femminista proletario rivoluzionario" e del "Soccorso rosso proletario" nel novembre di cinque anni fa, si erano mobilitati in occasione della terza udienza di un processo a Lioce, accusata (e poi assolta) di aver turbato la quiete del carcere di Preturo attraverso una serie di "battiture" delle sbarre con una bottiglietta di plastica. La protesta della Lioce ebbe luogo da marzo a settembre 2015, in seguito alla sottrazione di documenti e atti giudiziari dalla sua cella, e si interruppe quando questi le vennero restituiti.
Nel corso della stessa udienza si erano vissuti momenti di tensione tanto che il giudice (con l'imputata Lioce collegata in videoconferenza) era stato costretto a fare uscire tutti dall'aula.