E poi quando sei arrivato sul posto? «La donna era già arrampicata sulla rete e si teneva ancora con le mani e io l’ho afferrata per le gambe assieme a mio figlio, ma lui non si staccava e gridava: “Vi prego lasciatemi stare, voglio morire”. Alla fine ha mollato la presa ed è scivolata tra le nostre braccia. L’ho sistemata sulla mia auto mentre lei piangeva e ci rimproverava per quello che avevamo fatto. Lì ho capito veramente che cosa sia la disperazione. Le ho fatto bere dell’acqua, l’ho calmata e sono andato verso il casello Val Vibrata, mentre mio figlio era al volante della sua auto. Una volta lì abbiamo chiamato il 118 e la polizia stradale. Per lei non è stato necessario il ricovero, è bastata la visita del personale sanitario». E i poliziotti? «Mi hanno fatto i complimenti, ma mi hanno ammonito: «Ma si rende conto di quello che ha fatto, cosa ha rischiato, comunque bravo lo stesso». Con lei che è tornata a casa con i familiari arrivati al casello, ci siamo sentiti spesso e lei oggi mi ringrazia ed io ogni volta che lo fa mi rendo conto di aver fatto una buona azione. Ho promesso che non avrei mai reso pubbliche le sue generalità e così ho sempre fatto anche adesso che l’accaduto è diventato di dominio pubblico».
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