Pittrice uccisa per soldi, marito e figlio condannati in Cassazione

Pittrice uccisa per i soldi, marito e figlio condannati in Cassazione
di Teodora Poeta
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Venerdì 5 Maggio 2023, 08:02

Sono passati cinque anni e mezzo dall'omicidio della pittrice 64enne teatina Renata Rapposelli commesso dall'ex marito Giuseppe Santoleri e dal figlio Simone nella loro casa a Giulianova. Ieri, la Cassazione ha messo la parola fine a questa pagina giudiziaria, rendendo definitive le loro condanne che già la corte d'assise d'Appello aveva ridotto a 18 anni per Giuseppe e confermato, invece, a 27 anni per Simone senza alcuno sconto.

La decisione dei giudici della prima sezione della Suprema Corte, che hanno dichiarato inammissibile il ricorso dell'ex marito della pittrice uccisa e rigettato quello del figlio, è arrivata dopo un giorno dalla trattazione scritta. A dover essere rifuse delle spese sostenute per il giudizio anche le parti civili, c'è l'associazione Penelope ma soprattutto la figlia di Renata, Maria Chiara Santoleri (assistita dall'avvocata Annamaria Augello) che nel 2007 era stata abbandonata dal padre. A luglio del 2017, qualche mese prima dell'omicidio, è stato proprio Simone in una telefonata alla sorella Maria Chiara, l'ultima tra i due, dopodiché i loro rapporti erano cessati così come lei stessa ha raccontato durante il processo in primo grado, ha dirle una frase quasi profetica: «Se mi fa perdere la casa, io l'ammazzo».

Una minaccia rivolta alla madre Renata perché, così come ricostruito dai giudici di secondo grado, movente del delitto è stata proprio l'ossessione per il denaro di Simone insieme al rancore che nutriva per la madre e alla sua indole impulsiva e violenta. Un omicidio commesso materialmente dal figlio della pittrice, che ha soffocato la mamma il giorno in cui lei è andata a trovarli entrambi a Giulianova in treno, mentre Giuseppe era lì presente e lo ha poi aiutato a spostare il cadavere e a disfarsene gettandolo dalla sommità del fiume Chienti, nelle campagne del maceratese, lungo la scarpata con la speranza che se la mangiassero i cinghiali.
Una vicenda che ha visto alternarsi mille bugie e tante versioni diverse date dagli stessi imputati sia agli inquirenti già in fase di indagini, sia ai cronisti che sin da subito si sono appassionati al caso della pittrice scomparsa il 9 ottobre del 2017 e ritrovata cadavere l'11 novembre.

Ma l'accusa, già in primo grado, non ha mai avuto alcun dubbio, sostenendo che «Renata è caduta in una trappola».

Una trappola che purtroppo è stata escogitata dal figlio e dall'ex marito e dalla quale la donna non ne è uscita viva. «Al momento mi è incomprensibile la decisione della Suprema Corte. Evito, quindi, di commentarla per non incorrere in affermazioni poco ortodosse». Così, ieri, ha dichiarato l'avvocato Cataldo Mariano, firmatario del ricorso in Cassazione per Giuseppe Santoleri (difensore in Appello è stata l'avvocata Federica Di Nicola). Mentre, per quanto riguarda Simone, che è difeso dall'avvocata Cristiana Valentini, non è escluso che, alla luce di nuovi elementi che si stanno acquisendo, si possa arrivare a tentare di chiedere una revisione del processo.
 

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