L'amicizia di Elena e Mariana è quella che ha sempre caratterizzato i rapporti tra russi ed ucraini, un legame fatto di rispetto e familiarità, un'intesa che oggi neanche la guerra può spezzare perché, se i popoli potessero decidere, mai si farebbero del male.. Le due donne i sono conosciute a Pescara dove entrambe vivono, si frequentano e si stimano. Con la stessa rabbia e preoccupazione, oggi parlano di un conflitto che non condividono, una battaglia incomprensibile che desta apprensione per i loro cari, residenti nelle città abbandonate dalle due amiche nella ricerca di una vita migliore.
Mariana Lutsiv Popil viene da Sambir, località vicino Leopoli. Ha 36 anni, da dieci vive in Italia dove svolge lavori domestici per mantenere il figlio sedicenne e per studiare moda in un istituto privato, coltivando il sogno di diventare un giorno stilista. I parenti della donna risiedono tra la città dell'Ucraina occidentale e Sambir, ai confini con la Polonia. «Dire che sto male è poco - esordisce Mariana -. Sono in contatto i miei parenti a tutte le ore al telefono, in videochiamata, su whatsapp. Fino alle due di stanotte ho dialogato con mia cugina appena arrivata in un rifugio ma in quella situazione ha potuto raccontarmi molto poco. In Ucraina ho mia madre, gli zii, i loro figli, siamo una famiglia numerosa. Quando ascolto quelle voci, ringrazio Dio perché sono vivi ma quando ci salutiamo vengo assalita dalla paura di cosa potrà succedere dall'indomani. E' una sensazione tremenda che non mi fa dormire la notte».
La giovane ucraina sostiene la resistenza dei suoi connazionali verso gli attacchi russi: «Siamo contro la guerra ma difendiamo il nostro territorio ed il nostro futuro, apparteniamo ad un paese libero, indipendente, con una storia, cultura, una lingua da salvaguardare e non possiamo arrenderci perché a qualcuno piace la nostra nazione».
Elena Aleksandra Shishkina ascolta e si asciuga le lacrime dagli occhi. Aveva 27 anni quando, nel 2007 è partita da San Pietroburgo dove vivono ancora i sui familiari.
Mariana ha offerto ospitalità ai congiunti in pericolo: «Non ho grandi possibilità di accoglierli, ma li ho invitati a casa mia offrendo il poco spazio che ho. Hanno rifiutato perché nessuno ha intenzione di scappare, vogliono difendere il loro paese restandovi. Ciò che temono di più non è morire, ma perdere la libertà». «Ho avuto la stessa risposta - interviene Elena - dagli amici a cui ho offerto ospitalità in questi giorni. Desiderano restare a casa, sono spaventati, arrabbiati ma non nutrono odio nei confronti dei russi».