Pescara, ingorgo al Pronto soccorso: ecco i tempi d'attesa

Pescara, ingorgo al Pronto soccorso: ecco i tempi d'attesa
di Patrizia Pennella
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Lunedì 26 Settembre 2022, 08:52

«Il pronto soccorso di Pescara? Non è un reparto, ne sono due, forse anche tre»: Antonio Argentini, segretario provinciale del Nursind era stato un po' Cassandra, qualche tempo fa, nel sostenere che i nuovi locali non sarebbero stati la soluzione per la gran parte dei problemi della struttura. Che sono, ma non è un mistero per nessuno, prevalentemente di organico, sistema e organizzazione.

Era giugno, sono passati poco più di tre mesi e quella facile previsione è passata anche per il periodo di assestamento dopo il trasloco. Una segnalazione dopo l'altra e molti silenzi dipingono il quadro di un reparto in affanno. «Le persone nel pronto soccorso di Pescara restano troppo tempo - afferma Argentini - alcune anche dieci-undici giorni prima di essere portate in reparto. Questo significa che viene completamente snaturato il senso del servizio che dovrebbe essere quello di dare risposte rapide ai cittadini. I ricoveri prolungati non sono nella natura del pronto soccorso, ma a quei pazienti medici e infermieri erogano terapia, assistenza alberghiera, e tutto questo a discapito delle emergenze che si accumulano una dopo l'altra». Alcuni reparti del Santo Spirito, come pediatria e urologia, hanno un loro pronto soccorso, ma sono ancora pochi e ovviamente non assorbono il flusso quotidiano di pazienti.


All'interno del pronto soccorso staziona una media giornaliera di 70/90 pazienti, che restano per una media di una settimana. Questo provoca, come si legge in una nota dello stesso Nursind, «un allungamento dei tempi di attesa dei vari codici colore, che sono diventati troppo lunghi rispetto a quanto dettato dalle linee di indirizzo nazionale sul triage intraospedaliero, con conseguente aumento del rischio di creare dei danni nei confronti delle persone che devono essere curate, infatti si hanno difficoltà a rivalutare i pazienti».

Esattamente quello che, nei giorni scorsi, è capitato ad un ragazzo di 22 anni che, con un gravissimo quadro cardiologico, ha atteso undici ore in ospedale, prima di essere sottoposto ad esami e ricoverato d'urgenza in Utic, dove ancora si trova. «La riduzione dei posti letto e dei servizi negli ospedali di Popoli e di Penne - ricorda ancora Argentini - non ha fatto altro che accentrare tutto nell'ospedale di Pescara, portando ad un aumento esponenziale della richiesta di prestazioni e di presenze».

Perché alla fine tutto si scarica sul pronto soccorso, in particolar modo nel fine settimana, quando gli studi di medicina generale sono tutti chiusi. L'ultima segnalazione è di ieri e arriva da un paziente che si è trovato nella necessità di dover far ricorso alla guardia medica. Sulla porta c'è un cartello: Non suonare, telefonare perché in ambulatorio, di fatto, non si entra più. E già chi non ha il cellulare con sé ha il suo bel da fare. Ma la telefonata, almeno nel caso specifico, non risolve un granché. Una volta ascoltato, il paziente viene girato in maniera automatica «al pronto soccorso o al medico di famiglia» e nel fine settimana non c'è scelta. Così, anche per una banalità, ci si mette in fila e si aspetta. O si rinuncia, magari ritardando i tempi di cura. O si finisce per ricorrere al favore dell'amico o dell'amico dell'amico. Che nella situazione attuale è la strada che molti scelgono di percorrere.

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