Dispersi in montagna, il racconto dell'escursionista Centini: «Abbiamo avuto paura vedendo i lupi sbranare un cinghiale»

Dispersi in montagna, il racconto dell'escursionista Centini: «Abbiamo avuto paura vedendo i lupi sbranare un cinghiale»
di Tito Di Persio
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Martedì 16 Marzo 2021, 14:27 - Ultimo aggiornamento: 18 Febbraio, 10:41

«Abbiamo temuto il peggio solo quando abbiamo assistito ai lupi sbranare un cinghiale», racconta Concezio Centini, il più grande degli escursionisti. Lucidamente lui, 59 anni di Bisenti, apprezzato maestro cioccolatiere, spiega che al momento dell’assalto si trovavano nella zona delle sorgenti del Tavo, un canyon completamente disastrato da valanghe, frane, terremoti, senza copertura cellulare e al buio pesto. In pochi minuti, a una decina di metri da loro, il branco di lupi ha assalito un grosso cinghiale sventrandolo e fuggendo con le zampe posteriori come bottino: «In quel momento ci siamo sentiti in pericolo. Trovarsi poi davanti alla carcassa dell’animale, ancora fumante e con un fortissimo odore di selvatico, ci ha fatto capire che eravamo immersi nella natura selvaggia e che potevamo aspettarci di tutto. Per lo spavento, Francesca è scivolata procurandosi una distorsione alla caviglia. Quindi poteva proseguire il cammino solo con il nostro aiuto e su una sola gamba».

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Centini racconta che la loro non era un’escursione, ma un allenamento sportivo per la preparazione alla ultramaratona (52 chilometri anziché 42,195) e che molto probabilmente hanno fatto male i conti sui tempi di percorrenza del percorso che sarebbe dovuto durare quattro ore invece si è trasformato in dieci. Loro tre sono partiti domenica mattina le 8 da Valle d’Angri (Farindola) a Fonte di Focina sul Voltigno, per poi proseguire per Valle Caterina: «Il tempo di percorrenza per questa parte di tragitto era stimano in 50 minuti - aggiunge -, invece abbiamo impiegato più di due ore mezza a causa di un’abbondante nevicata». Da qui avrebbero dovuto attraversare la discesa delle sorgenti del Tavo e tornare al punto di partenza dove avevano parcheggiato le auto.

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«Non siamo stati noi ad allertare i soccorsi», sottolinea alquanto Concezio Centini, dispiaciuto per lo spiegamento di forze e uomini, che si è messo in moto per cercarli. A tre settimane dal tragico epilogo della sciagura sul Velino, e in un luogo evocativo come Rigopiano, c’era però da aspettarselo. Ad allertare i soccorsi, preoccupati per il ritardo e per l’impossibilità di contattare la loro figlia telefonicamente, sono stati i genitori di Francesca Fraccastoro, tramite un amico del gruppo che all’ultimo momento aveva rinunciato all’escursione. L’apprensione da parte di parenti e amici era dovuta proprio alla recente tragedia sul Velino, con i quattro escursionisti dispersi il 24 gennaio sul Monte Velino e ritrovati morti sotto una valanga dopo 28 giorni di ricerche, rese difficili dalle condizioni meteo. «Tanto per essere precisi – conclude Centini – non siamo stati ritrovati dai soccorritori, ma li abbiamo incontrati a 15 minuti di strada dalle nostre auto».

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