L'allarme: «Così Pescara finirà sott'acqua»

L'allarme: «Così Pescara finirà sott'acqua»
di Barbara Scorrano
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Venerdì 22 Novembre 2019, 12:11
Non solo Venezia, dove abbiamo avuto un assaggio in questi giorni, Alessandria o Genova. Sono quaranta le aree italiane che, tra meno di 80 anni, rischiano di scomparire sott’acqua e tra queste figura anche Pescara. È quanto emerge da una ricerca realizzata da Enea e Cnr, presentata nei giorni scorsi in un convegno a Roma organizzato da Legambiente sul tema dei cambiamenti climatici. Tra gli studiosi, a relazionare sulle fragilità di un territorio vulnerabile, incapace di adeguarsi ai mutamenti in atto, l’architetto Michele Manigrasso, docente di urbanistica presso l’università d’Annunzio, con una serie di collaborazioni prestigiose in atenei italiani e stranieri, autore del volume “La città adattiva. Il grado zero dell’urban design” (ed. Quodlibet). Insomma, un’autorità scientifica in materia.

Nel suo libro, Manigrasso, attraverso un sapiente armamentario di argomentazioni scientifiche, prende in esame i possibili scenari connessi agli stravolgimenti del clima, le drammatiche conseguenze legate all’innalzamento del livello del mare, gli effetti di un consumo sconsiderato del suolo, dell’abusivismo, della mancanza di regole. Una “geografia del rischio” nella quale entra a pieno titolo anche Pescara, dove, spiega Manigrasso, «con l’intensificarsi degli eventi estremi di pioggia, è aumentata la frequenza delle esondazioni che, insieme agli allagamenti cronici dovuti a tanti fattori morfologici, strutturali e di cattiva manutenzione delle reti idriche e fognarie, hanno spesso messo in ginocchio la città». Basta far caso ai precedenti recenti. Nel 2013, ad esempio, con l’uscita del fiume dai suoi argini e purtroppo anche una donna annegata nel sottopasso di Fontanelle. O nel gennaio del 2017, quando gli allagamenti determinarono per alcuni giorni la chiusura di molti sottopassi e delle scuole. Episodi che raccontano l’incapacità del territorio di affrontare adeguatamente le conseguenze dei cambiamenti climatici.

«I suoli - continua Manigrasso - sono per il 65% impermeabili e dunque non riescono ad assorbire del tutto le acque piovane. Il sistema fognario è insufficiente, come del resto i depuratori. A tutto questo si aggiunge l’anomala permanenza di attività e proprietà private all’interno delle aree golenali. E così le condizioni di rischio idraulico continuano ad aggravarsi e aumentano le possibilità di esondazione del fiume».  Significativo che il warning arrivi da un docente dell’ateneo che sta progettando di trasferirsi proprio in riva al mare a a due passi dalla foce. Che fare? «Il clima si può governare - avverte lo studioso - ma gli impegni dei governi, come la riduzione delle emissioni in atmosfera, spesso sono disattesi. Dobbiamo puntare alla combinazione di due strategie, l’adattamento e la mitigazione». Una nuova visione che nel capoluogo adriatico dovrebbe tradursi in una diversa pianificazione urbanistica imperniata sui rischi idrogeologici, su un piano regolatore studiato in armonia con il piano paesaggistico, di cui la Regione non riesce ancora a dotarsi, e i piani di bacino. Ma, avverte Manigrasso, gli interventi ingegneristici da soli non bastano. Occorre un differente punto di vista, il Grado zero, «una innovativa idea di paesaggio che ponga al centro degli interventi l’adattabilità contro ogni rigidità».
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