Spaccio, minacce a testimoni e aggressioni, maxi blitz all'alba a Rancitelli con 19 arresti

L'accusa della Dda dell'Aquila è associazione per delinquere di stampo mafioso: perquisizioni a Ferro di cavallo

Maxi blitz all'alba, disposti 20 arresti con l'accusa di associazione per delinquere di stampo mafioso
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Giovedì 13 Aprile 2023, 08:48 - Ultimo aggiornamento: 15 Aprile, 08:39

Maxi blitz dei carabinieri questa mattina all'alba a Pescara con cento militari. Sono state eseguite 19 ordinanze di custodia cautelare - diciotto di custodia in carcere e una di arresti domiciliari - per associazione di stampo mafioso e numerosi altri reati quali estorsioni, possesso di armi ed esplosivi, traffico illecito di sostanze stupefacenti, tentato omicidio, danneggiamento aggravato, accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti, occupazioni abusive di immobili, minaccia aggravata e truffa,  che secondo le indagini sarebbero stati commessi a Pescara, nel quartiere Rancitelli, con basi operative nel famigerato rione “Ferro di Cavallo”. Le misure cautelari sono state richieste al gip della Direzione Distrettuale Antimafia dell'Aquila dopo una  lunga indagine condotta dai carabinieri del Reparto operativo – Nucleo investigativo di Pescara con l’impiego di avanzate tecniche di sorveglianza audio e video, accompagnate da servizi di osservazione e controllo del territorio che hanno incastrato un gruppo di etnia rom.

Le attività investigative hanno preso lo spunto da quello che si chiamano reati spia, dai quali si è percepito lo stato di profondo disagio degli abitanti del quartiere,  e più in generale della cittadinanza pescarese, per l'illegalità diffusa nel quartiere, diventato - dicono i residenti a gran voce  - «invivibile» a meno che di non accettare o tollerare  passivamente i reati che si commettono sotto i loro occhi ogni giorno. Gli investigazioni – sviluppate attraverso attività tecniche di intercettazioni audio e video, durate per oltre due anni e puntualmente riscontrati da servizi sul territorio – hanno documentato, per la prima volta a Pescara, l’esistenza di un gruppo criminale composto prevalentemente da nuclei familiari residenti nel quartiere Rancitelli.  «La violenza protrattasi nel tempo ha generato una notevole forza intimidatrice e la conseguente condizione di assoggettamento e omertà di tutti coloro che potevano avvertirne il pericolo. Si è dunque creata la situazione tipica dell’associazione mafiosa descritta dal codice penale, nella quale un gruppo organizzato controlla un determinato territorio sul quale è in grado di compiere impunemente una serie indeterminata di delitti sopprimendo qualsiasi tipo di controllo sociale e legale. In particolare, le indagini hanno evidenziato episodi di intimidazione contro pubblici funzionari nel corso delle occupazioni e del commercio illegale di case popolari; hanno consentito di apprezzare il controllo egemonico sul territorio, nonché l’imposizione di un “cartello” che fissava il prezzo di vendita degli stupefacenti in tutte le piazze di spaccio.

La forza dell’organizzazione si avvertiva anche in carcere, ove il gruppo poteva gestire l’ingresso di sostanze stupefacenti e gestirne la circolazione con le medesime prassi violente utilizzate all’esterno, fatte di pestaggi e di veri e propri raid punitivi nei confronti di detenuti insolventi o non ancora piegati alle regole dell’organizzazione», spiega una nota della procura.

Uno dei leader dell’associazione mafiosa, già detenuto, sarebbe riuscito a imporre i suoi ordini, grazie all’utilizzo di apparecchi telefonici dedicati, fatti entrare clandestinamente nel carcere. L’attività d’indagine ha consentito di ricostruire la pianificazione di incendi dolosi - avvenuti nel rione del Ferro di Cavallo - di auto di proprietà di un testimone oculare di omicidio e di cittadini che, in rare occasioni, avevano tentato di rompere il muro di omertà. Non sono mancate le aggressioni nei confronti di giornalisti, ritenuti responsabili di accendere un faro mediatico sulla condizione del quartiere Rancitelli e sul violento controllo operato dall’associazione su quella parte di Pescara. La nota ricorda le aggressioni a  Vittorio Brumotti  di Mediaset  il 26 settembre del 2019, il 4 maggio del 2021 e 17 febbraio dello scorso anno,  e Daniele Piervincenzi della Rai l'11 febbraio 2019), che volevano documentare gli affari del rione “Ferro di Cavallo”, trasformato dall’associazione in uno dei centri nevralgici dello spaccio in Abruzzo e per altre regioni del centro Italia.

«La lunga e complessa investigazione, assistita da un’accurata rilettura di plurimi episodi criminosi avvenuti nel recente passato e isolatamente perseguiti, segna un cambio di passo nella comprensione delle dinamiche della criminalità urbana pescarese e sottolinea l’estrema pericolosità dei gruppi organizzati, che riproducono su scala territoriale ridotta, ma con la medesima intensità aggressiva, i fenomeni mafiosi che si è soliti contrastare su scala regionale o nazionale. La Direzione Distrettuale Antimafia, aspettando con fiducia lo svolgimento delle lunghe e numerose fasi processuali che dovranno confermare o smentire la bontà degli argomenti posti della base misura cautelare, intende ringraziare l’Arma dei carabinieri per l’impegno e la professionalità profusi nelle indagini, che costituiscono la migliore garanzia sulla quale i cittadini possono contare per la tutela dei loro diritti violati dalle organizzazioni criminali» conclude la nota. 

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