Un’ortonese racconta
il caos Libia: «Torneremo
ora è davvero pericoloso»

Un’ortonese racconta il caos Libia: «Torneremo ora è davvero pericoloso»
di Daniela Cesarii
3 Minuti di Lettura
Domenica 15 Febbraio 2015, 09:57 - Ultimo aggiornamento: 09:58
ORTONA L'escalation della crisi libica e l’avanzata degli uomini di califfato, con l'Italia pronta ad intervenire, pone il problema del rimpatrio degli italiani che sono ancora in Libia. Nessuno può sentirsi più al sicuro. L'Italia è l'unico paese occidentale ad avere un'ambasciata aperta nel paese, ma sono stati già predisposti i piani per l'evacuazione. La Farnesina ha invitato gli italiani a non andare in Libia e i connazionali presenti a «lasciare temporaneamente il Paese» da quasi ormai due settimane. Un invito che si fa ora ancora più pressante. Alla Farnesina si sottolinea infatti come la situazione della sicurezza si stia progressivamente aggravando a causa dell'avanzata dei miliziani jihadisti e visto che si fa anche strada il progetto che vedrebbe l'Italia impegnata in una missione di peacekeeping con le bandiere Onu, si pone anche la questione della tutela degli italiani che potrebbero essere presi di mira in azioni di ritorsione.

LA VITA VICINO ALLA CAPITALE



In Libia, esattamente in una località vicino Tripoli, vive una giovane donna ortonese, Alessia Paolucci, di 38 anni, che risiede lì ormai da oltre due anni e che torna ogni tanto ad Ortona per rivedere i suoi familiari, che sono tutti in città, e i suoi amici d'infanzia. Alessia lavora come rappresentante di vendita per la Med Cross Lines una compagnia, con sede commerciale a Venezia, che si occupa di collegare tramite traghetti i porti italiani e, in generale, i porti dell'Adriatico con quelli libici (Benghazi, Misurata e Tripoli) trasportando ogni tipo di carico in containers, rotabili, trailers, autovetture, carico pallettizzato, merce varia.

IL CONTATTO



«Stiamo bene- ci risponde Alessia tramite social network da Hay Al Andalus Tarabulus vicino Tripoli - ma siamo sotto attacco, da unica italiana in Libia nella guerra della scorsa estate non era così pericoloso come lo è ora. La Farnesina ci sta seguendo e se non ci prendono prima, torneremo. Torneremo appena possibile, comunque in questo momento lasciare la mia amata Libia, la mia Tripoli è un dolore fortissimo». Ci lascia con un saluto, con la parola musulmana più conosciuta al mondo ovvero "InshAllah", che significa se Iddio vuole, e con la speranza di vederci presto ad Ortona. Gli amici descrivono Alessia, che ha studiato all'istituto tecnico Einaudi di Ortona e che per tanti anni ha navigato lavorando sui traghetti come commissario di bordo, come una ragazza solare, dal carattere forte, innamorata della Libia che non ha però troncato i suoi rapporti con Ortona e con i suoi amici d'infanzia e con quelli conosciuti più recentemente. Alessia ha dato la testimonianza della sua Libia nel dicembre del 2012 nel corso del convegno “Esperienze di luoghi di crisi dimenticati in guerra" con Sebastiano Fezza, ex cineoperatore Rai, organizzato dal Museo ex Libris. Una testimonianza accorata che parlava di un territorio complesso e affascinante diverso da quello rappresentato dai media in cui lei ha trovato anche l'amore.

I TIMORI DELLA VICESINDACO



Alla preoccupazione degli amici si aggiunge anche la preoccupazione dell'amministrazione comunale che con il vice sindaco, Nadia Di Sipio, esprime parole d'affetto e sincera apprensione: «La notizia della presenza di una nostra concittadina a Tripoli naturalmente ci preoccupa. Il mio pensiero va alla famiglia che sicuramente vivrà momenti di angoscia sapendo Alessia lì, ma sono sicura che le autorità italiane, attraverso la Farnesina, riusciranno a farla rientrare a breve. Naturalmente noi l'aspettiamo ad Ortona per l'abbraccio da parte della città».
© RIPRODUZIONE RISERVATA