Mariano "il tedesco" muore in carcere, i legali: «Era malato, due istanze di scarcerazione senza risposta»

Muore in carcere, i legali: Mariano era malato, due istanze di scarcerazione senza risposta
di Patrizio Iavarone
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Lunedì 5 Ottobre 2020, 08:14 - Ultimo aggiornamento: 10:03

In carcere, secondo i scuoi avvocati, Stefano Michelangelo e Paolo Vecchioli, non doveva proprio esserci: per due volte, a luglio e a agosto, avevano per questo inoltrato richiesta di sospensione della pena ai tribunali di Sorveglianza di Pescara e L’Aquila, perché il suo quadro clinico era incompatibile con il regime carcerario al quale era stato sottoposto a giugno scorso dopo aver violato il “patto” dell’affidamento in prova.

Per Mariano Di Rocco, “il tedesco” (era nato a Berlino), 56 anni di Sulmona, una risposta alla sua richiesta di tornare a casa non è mai arrivata e neanche il fine pena che lo avrebbe portato fuori dal carcere a febbraio e forse anche a dicembre considerando la buona condotta: ieri mattina, alle 6,30, gli agenti di polizia penitenziaria del carcere di Castrogno, Teramo, lo hanno trovato senza vita nella sua cella. Infarto è l’ipotesi più accreditata del decesso, anche se la procura della Repubblica del tribunale di Teramo ha comunque disposto l’autopsia per verificare eventuali concause a un quadro clinico che i suoi legali definiscono «grave e disperato». Una condizione di salute che a lui, che doveva scontare una pena cumulativa di due anni e undici mesi, per furti, lesioni e piccolo spaccio, non è valsa da esimente.

Il tribunale di Sorveglianza lo aveva spedito dietro le sbarre a giugno scorso dopo che non era rientrato nel suo domicilio come doveva: quella sera Di Rocco era stato all’Aquila e aveva perso il treno di ritorno, oltre al telefono per comunicare il suo problema. Un po’ su di giri, era stato ritrovato che camminava per strada tra Popoli e Bussi, arrestato e spedito dietro le sbarre. «Di Rocco aveva, tra i tanti problemi di salute, anche una demenza alcolica riconosciuta da un perito – spiega l’avvocato Michelangelo – che le sue condizioni di salute non fossero compatibili con il carcere era evidente». «Soprattutto era diabetico a uno stadio avanzatissimo – aggiunge Vecchioli – gli avevano dato un sostegno, ma era palese che non potesse stare in carcere. Nessuno ha però neanche risposto alle istanze di scarcerazione che abbiamo presentato. Perché Di Rocco era un nessuno qualunque. La legge è uguale per tutti, forse, ma non tutti sono uguali davanti alla legge. Passato il dolore e il cordoglio valuteremo con la famiglia di verificare le eventuali responsabilità di questa morte».

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