Malato di cuore, 24 ore per il ricovero. «C'è posto tra i pazienti con il Covid»

Malato di cuore, 24 ore per il ricovero. «C'è posto tra i malati di Covid»
di Mila Cantagallo
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Domenica 15 Maggio 2022, 09:16 - Ultimo aggiornamento: 09:20

Codice giallo ad un cardiopatico colpito da angina pectoris, costretto a 12 ore di attesa nell'anticamera del Pronto soccorso di Pescara e poi parcheggiato su un letto nel corridoio del reparto fino al trasferimento nell'Utic, Unità di terapia intensiva cardiologica, avvenuta il giorno successivo a 24 ore dall'arrivo in ospedale. La disavventura di un professionista pensionato della provincia di Pescara, sottoposto a un'attesa estenuante nel reparto di emergenza del Santo Spirito, ha avuto un lieto fine nell'intervento di angioplastica di cui il paziente aveva bisogno. Ma oggi i familiari, provati da un giorno e una notte di sofferenza e paura, si chiedono cosa sarebbe potuto succedere ad un settantenne lasciato così a lungo senza assistenza.

La figlia Clara racconta l'incubo vissuto due giorni fa ed il senso di impotenza verso la lentezza di un apparato congestionato dall'enorme mole di lavoro e da carenze di personale. «Mio padre, energico e dall'aspetto giovanile - racconta Clara - aveva una grave occlusione ad una delle arterie del cuore che ultimamente gli avevano provocato una serie di episodi di angina pectoris. Per mesi si era sottoposto ad accertamenti ma il dramma si è verificato quando, in preda ad uno di questi sintomi, lo abbiamo convinto a recarsi al Pronto soccorso dell'ospedale Santo Spirito. Per 14 ore ha aspettato il suo turno senza alcun aiuto né ristoro, eppure si è lamentato tante volte per il forte dolore al petto. Alle 21 è finalmente entrato in Pronto soccorso, ma è stato collocato nel corridoio per altre due ore, assistito da mia madre. Papà voleva andarsene, lo abbiamo convinto a rimanere.

A notte fonda i medici hanno capito che doveva essere ricoverato, lo hanno sistemato in un letto nel solito corridoio perché in Cardiologia non c'era posto».

Clara avrebbe voluto assistere il padre insieme alla madre ormai esausta, ma non le è stato consentito. Si è allora inchiodata al telefono cercando di alleviare la sofferenza del genitore: «A chiunque mi rispondesse chiedevo di assicurargli il riposo in un luogo più tranquillo, mio padre non poteva agitarsi oltre nell'andirivieni del reparto ma, con incredulità, da qualcuno mi sono sentita rispondere Signora, se vuole abbiamo letti disponibili nel reparto covid. Sembrava puro cinismo ma chi ha fatto quella proposta, purtroppo, diceva sul serio».

Alle 9 del mattino seguente il paziente è stato trasferito nell'Utic dove è stato subito sottoposto a intervento: «Qualche santo - dice la donna - mi ha finalmente aiutato. Sono stati bravi gli specialisti che hanno operato e rassicurato mio padre. Lui ora sta meglio e attende di tornare a casa. Ci riteniamo fortunati perché il suo cuore ha resistito in una situazione di grave rischio». Va considerato che se al triage il caso è stato registrato come codice giallo vuol dire che una valutazione obiettiva è stata effettuata. E aver ricevuto assistenza solo dopo tante ore significa che in emergenza è il reparto, più che il paziente. «Ho trovato professionisti validi che sentono ancora il valore della missione scelta. E' il loro eroismo che regge l'intero sistema» conclude con sollievo Clara.
 

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