A rischio c'è anche l'orso in Abruzzo. Nei giorni scorsi un esemplare adulto è stato avvistato lungo il percorso della strage, dove sono morti 16 animali protetti uccisi da bocconi avvelenati. Anche se l'ultimo "Rapporto orso marsicano" del Pnalm conferma che l'area Parco rimane quella meno interessata dal fenomeno degli avvelenamenti della fauna, che continuano a verificarsi, principalmente nelle zone confinanti. Come accaduto in località Olmo Di Bobbi, nel Comune di Cocullo, all'interno del corridoio naturale, tra il Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise e il Parco regionale del Sirente Velino. Nella località, nota per essere lo spartiacque tra la Valle del Giovenco, la Valle Subequana e la Valle Peligna. Area sensibile al fenomeno, dove sono stati uccisi 16 animali protetti: lupi, grifoni e corvi imperiali, una strage.
L'attenzione è alta, soprattutto per l'incolumità dell'orso bruno marsicano. Il personale di Rewilding Apennines, di Salviamo l'Orso e i volontari delle due associazioni, durante l'attività di monitoraggio dell'area, avevano rinvenuto, vicino alla carcassa di uno dei grifoni uccisi dal veleno, tracce di orso. Qualche giorno dopo, però, hanno osservato il passaggio di un orso bruno marsicano, adulto. Condizioni, queste, che confermano la presenza dei plantigradi nella zona contaminata.
Del resto, è risaputo, che il luogo è frequentato da Gabbietta, la figlia di Amarena, sorella di Juan Carrito, l'orsacchiotto investito da un'auto e morto sulle strade dell'Alto Sangro, le cui ceneri sono conservate dal Comune di Castel di Sangro. Le operazioni di perlustrazione e controllo del territorio, da parte dei carabinieri forestali di Scanno, della stazione Parco di Villetta Barrea e di Pescasseroli, proseguono senza sosta.
Le fonti di prova sono ricercate anche nei vari allevamenti abruzzesi, dove sono in corso sopralluoghi ed ispezioni. Così come nel commercio di fitofarmaci. Si attendono i risultati degli esami dell'istituto Zooprofilattico Sperimentale di Abruzzo e Molise, dove sono state condotte le carcasse degli animali avvelenati e i bocconi contenenti la presunta sostanza letale. Le associazioni ambientaliste sollecitano «una serie di azioni più tempestive e complete», nel rispetto delle normative vigenti, che servano, soprattutto, ad identificare e punire i colpevoli, ma anche a prevenire il ripetersi di eventi simili. Ritengono, inoltre, «irrinunciabile una immediata attività di sensibilizzazione delle comunità dove il fenomeno si è manifestato, e dove sono più alti, i rischi per le specie minacciate».