Il campione preso in considerazione si basa su 117 protocolli raccolti, il 59% uomini e il 41% donne. Hanno risposto al questionario principalmente imprenditori (26.5%), impiegati amministrativi (21.4%), tecnici (12.8%), direttori del personale (4.3%) provenienti dal settore meccanico, dal terziario, dal settore servizi innovativi, edilizia, agroalimentare, moda, energia, chimica e ambiente.
«Abbiamo osservato e verificato una situazione di cambiamento e di incertezza, al fine di individuare gli elementi di rischio da attenzionare e di proporre interventi e best practice a supporto delle imprese», spiega il gruppo di ricerca socio-psicologico composto dai docenti universitari Maria Elisa Maiolo e Galliano Cocco. «Le aziende associate hanno offerto la loro collaborazione compilando un questionario anonimo, in formato digitale, composto da una breve scheda socio-anagrafica e un protocollo costituito da 30 affermazioni ricavate dalla più moderna letteratura scientifica in materia».
Dallo studio si evince come gli imprenditori e i direttori delle risorse umane abbiano medie più alte in termini di fiducia organizzativa, percezione di autoefficacia, gestione del cambiamento, relazioni interpersonali e leadership. Chi ricopre ruoli amministrativi sente di poter gestire compiti complessi a detta dei propri supervisor e percepisce una buona autoefficacia lavorativa. Di contro, chi riveste il ruolo di tecnico o di operaio percepisce maggiori difficoltà nella conciliazione vita-lavoro, percepisce maggiori richieste lavorative, mostra livelli più alti di cinismo, e più alti livelli di malessere psicologico.
L’indagine mette in evidenza come chi ha lavorato in smart working abbia avuto maggiori difficoltà a gestire il conflitto lavoro-vita privata rispetto a chi è rimasto all’interno dell’azienda. E le donne hanno pagato lo scotto peggiore nel cercare un faticoso equilibrio tra esigenze familiari, ad esempio figli in età scolare, e lavorative. Potrebbe essere importante offrire servizi come welfare aziendale o voucher baby-sitter, per evitare che si ritrovino più facilmente escluse dal mercato del lavoro e in condizioni di Work-Life Conflict.
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