Coronavirus, la psicoterapeuta Carosi: «Ecco come reagire alle difficoltà»

Coronavirus, la psicoterapeuta Carosi: «Ecco come reagire alle difficoltà»
di Daniela Rosone
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Sabato 25 Aprile 2020, 18:52
L’AQUILA - E' abituata alle emergenze Ilaria Carosi, professionista spesso in prima linea. Psicologa, psicoterapeuta e psicotraumatologa. Proprio quest'ultima specializzazione le ha permesso di affrontare esperienze come terremoto, tragedia di Rigopiano, sbarco dei migranti. Ora è tempo di Coronavirus.

Una situazione, quella di oggi, che impatta sull'individuale ma anche sul collettivo. Ciò che sta accadendo rientra nelle maxi emergenze ma, questa, rileva la dottoressa Carosi, presenta tantissimi livelli di complessità e anche qualche paradosso.

”Il lavoro fatto su pazienti già in cura da tempo - dice - ha dato loro gli strumenti per affrontare questo, hanno già risorse pronte per essere attivate. Sono già abituati a piccole tecniche di rilassamento, a parlare col terapista. Non tutti invece hanno questo filtro interno. Mettere la vita in pausa ha dato a tanti la possibilità di capire cosa magari nella loro vita non andava e che a volte non si vuole vedere. Effettivamente ci sono nuovi pazienti presi in carico ma non sempre il punto è il Covid, a volte l'evento attiva bisogni che si avevano anche da prima. E' un po’ come le separazioni tra coniugi, se già c'erano situazioni critiche magari vengono fuori ora con più forza".

Di sicuro l'emergenza ha avuto ripercussioni diverse nelle persone già "problematiche" (c'era chi soffriva già di ansia, genitori con figli disabili, persone con traumi pregressi) e su chi affronta la malattia o i lutti legati al Covid, rispetto a chi semplicemente sta attuando l'isolamento. E discorso a parte lo meritano i sanitari che sono esposti al rischio di una traumatizzazione vicaria, a causa di quanto li porta quotidianamente di fronte alla morte, a persone che stanno tanto male. In seguito, di sicuro, bisognerà occuparsi anche di loro.

Più che consigli in questo momento, il professionista fornisce elementi di psico-educazione. "Limitare l'accesso alle informazioni - dice - un paio di momenti al giorno e su fonti ufficiali, fare le cose che ci piacciono e sentirci con le persone care, capire che sul virus non ho controllo ma posso mantenere il controllo sull'organizzazione delle mie giornate. Il consiglio è quello di rivolgersi ai professionisti in caso di bisogno perché, ad esempio, un’alternanza del tono dell'umore nell’arco delle giornate è normale, bisogna capire e valutare se il problema si cronicizza. Se piango una volta - dice - fa bene, è anche liberatorio".

L'Aquila, al momento, è un'oasi felice e con pochi contagi e forse questo diminuisce la percezione del pericolo. "Ad ogni modo - aggiunge - ritengo fondamentale una comunicazione chiara ed univoca sui comportamenti da attuare in fase 2, altrimenti sarà facile disorganizzarsi dopo".

E sul dopo, appunto, di sicuro c'è che cambieranno molte cose. "Sicuramente alcuni - sostiene la Carosi - metteranno in atto strategie di evitamento rispetto a situazioni normali e credo che tutti lo faremo work in progress, rispetto a ciò che succederà. Nella popolazione tanti attiveranno risorse interne e saranno capaci di reagire. Altri non saranno in grado di farlo e non riusciranno ad adeguarsi ad una vita diversa: a questi chiediamo di rivolgersi agli esperti".

In tanti stanno chiedendo aiuto alle linee telefoniche attivate, quella dell'Aied è solo un esempio. Cambia anche la tipologia di chiamata a seconda della Regione. In Abruzzo il discorso dei lutti fortunatamente è contenuto. In altre parti c'è la doppia questione dell'evento in sé e dell'elaborazione del lutto che si sommano, oltre al senso di colpa che possono sperimentare i pazienti di Covid che si auto accusano di aver contagiato gli altri. Anche i bambini hanno dovuto adattarsi ad una vita diversa, senza i mille impegni di prima.

"La cosa più importante -dice - è dare ascolto ai bambini, rispondere alle loro domande senza dire bugie ma modulando la risposta in base all'età chiaramente. Se un genitore è molto preoccupato e non riesce a gestire l'ansia, attiverà nel figlio la stessa reazione emotiva".
 
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