L'Aquila al voto/Berlusconi al Messaggero:
«L'Aquila con Biondi modello nazionale»

L'Aquila al voto/Berlusconi al Messaggero: «L'Aquila con Biondi modello nazionale»
di Stefano Dascoli
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Venerdì 9 Giugno 2017, 18:24
L'AQUILA - Il modello elettorale aquilano da esportare in campo nazionale; la «ferita» delle critiche post sisma; il confronto tra gestioni dell'emergenza; l'allarme per una città ancora a rischio e la promessa di un ritorno: è un Silvio Berlusconi a tutto campo quello che al Messaggero parla del prossimo voto, ma anche del terremoto del 2009 e delle prospettive future.

Presidente Berlusconi, L'Aquila può diventare un laboratorio politico, un modello esportabile anche in campo nazionale in vista delle prossime politiche?
«Certamente sì. Ho insistito molto, in questi mesi, sulla necessità che la coalizione di centro-destra proceda compatta. Considero l'unità un valore imprescindibile, frutto di un'esigenza che proviene dal nostro elettorato. Il centro-destra unito è vincente in quasi ogni scenario. L'Aquila, in questo senso, può diventare un simbolo. Intorno alla candidatura di Pierluigi Biondi, giovane amministratore che stimo per la sua competenza e il suo attaccamento al territorio, abbiamo trovato un'intesa forte e unanime. Credo che si possa e si debba procedere in questa direzione anche in campo nazionale, per vincere insieme ai nostri storici alleati. Stiamo lavorando per questo, per offrire al nostro elettorato una proposta seria, organica, efficace, per tornare a governare il Paese quanto prima. E L'Aquila può recitare una parte importante in questo progetto».

Sono passati oltre otto anni dal terremoto del 2009. Le recenti, tragiche, vicende hanno suggerito un confronto tra ciò che fece il suo governo per L'Aquila e ciò che è accaduto in Umbria e Marche. Quale è la sua visione?
«Mi dispiace di affrontare questi temi in campagna elettorale. Siamo di fronte alla sofferenza di popolazioni incolpevoli, purtroppo negli ultimi mesi abbandonate a se stesse dopo il grande clamore mediatico delle prime settimane. Però purtroppo il confronto si impone evidente: noi siamo intervenuti immediatamente, riuscendo - se non a cancellare i lutti, come è ovvio - ad offrire agli scampati un alloggio dignitoso e sicuro, anzi addirittura confortevole, nel giro di poche settimane. Non soltanto, abbiamo attirato l'attenzione del mondo intero sull'Abruzzo sconvolto dal terremoto, trasferendo in poche settimane all'Aquila il G8 che avevamo previsto per la Maddalena. Non è stato solo un fatto simbolico, ognuno dei capi di Stato e di Governo venuto all'Aquila impegnò il proprio Paese in un importante progetto di ricostruzione. Pochi giorni fa si è tenuto un altro vertice nella splendida cornice di Taormina. Ma le popolazioni delle località vittime dei sismi dello scorso anno in Italia centrale sono ancora nelle condizioni precarie nelle quali hanno passato un duro inverno».

Cosa ricorda di quei primi giorni all'Aquila, dopo la scossa del 6 aprile?
«Due impressioni fortissime: la straordinaria forza distruttrice della natura, e la forza ancora più straordinaria degli abruzzesi che di fronte alla catastrofe non si sono fatti piegare, hanno vissuto con forza e dignità il loro dolore, si sono rimboccati le maniche per salvare il salvabile, e poi per provare a far ripartire la loro capitale. Ho stretto tante mani, ancora sporche perché si scavava a mani nude. Ho abbracciato tante persone in lacrime per la perdita dei cari. Ricordo il giorno dei funerali con un'angoscia immane».

Renato Brunetta, in visita recentemente in città, ha detto di non aver dimenticato le critiche indirizzate al suo governo dopo la fase emergenziale. E' dello stesso avviso?
«Molte delle nostre azioni di governo sono state oggetto di calunnie, di critiche malevole, di menzogne, ma nessuna mi ha amareggiato tanto come quelle che hanno riguardato la ricostruzione dell'Abruzzo. Io credo che quella tragedia sia stata un momento nel quale l'Italia tutta, non solo il nostro governo ha dato una meravigliosa prova di sé impegnandosi nel soccorso e nella ricostruzione con una solerzia, un impegno e un'efficienza che non avevano precedenti nella storia di accadimenti simili. Di fronte a questo sforzo collettivo, parte delle opposizioni invece di essere solidali, hanno inventato critiche velenose, mendaci, assurde, sottoponendo gli uomini che sono stati protagonisti di quei giorni, primo tra tutti Guido Bertolaso, ad un vero e proprio linciaggio. L'importante, però, è sapere che la popolazione - tolta qualche sporadica manifestazione di protesta, fisiologica e forse dettata da logiche politiche - è stata sempre dalla nostra parte. La stessa magistratura, ma prima ancora l'evidenza storica, ci hanno reso giustizia, ma a distanza di anni, rimane l'amarezza di un tentativo di speculazione politica così vergognoso».

In questi giorni di campagna elettorale si dibatte molto dei finanziamenti per la ricostruzione, di chi ha realmente messo i soldi per far rinascere L'Aquila e i suoi borghi. Renzi sostiene di aver aperto i cantieri. E' realmente così?
«Il governo Berlusconi ha stanziato 10 miliardi di euro dopo appena 22 giorni dal terremoto. Ha sospeso la tassazione da aprile 2009 a dicembre 2010. Ha abbattuto del 60 per cento la restituzione. Ha sostenuto la ripresa con decine di progetti specifici dei singoli dicasteri. I governi che si sono susseguiti o non hanno stanziato nulla o hanno reperito, a fatica, le risorse che erano obbligati a reperire. La ricostruzione è stata finanziata dal governo Berlusconi. Faccio notare che le periferie sono state ripristinate a tempo di record, con un sistema di controllo che ha evitato sprechi e illegalità e garantito un miglioramento qualitativo evidente. Sarebbe stato lo stesso per il centro storico se le autorità locali non avessero frapposto ostacoli di natura politica e burocratica. Avevamo un piano per la ricostruzione del centro in pochi anni. Non ci è stato possibile attuarlo. Io però trovo vergognoso che tante parti dell'Aquila, del suo magnifico centro storico, siano ancora una città fantasma. L'Aquila ha corso il rischio di trasformarsi in una moderna Pompei, e se lo ha evitato, lo sta evitando, lo si deve allo spirito di iniziativa della sua gente, non al governo Renzi».

Balconi cadenti e difetti costruttivi. Il Progetto Case è un grande successo nella gestione dell'emergenza o un grande errore?
«Giudichi lei: abbiamo salvato dalla fuga migliaia e migliaia di persone. Ho preteso che si lavorasse giorno e notte per arrivare all'obiettivo prima possibile. Rivendico, con estremo orgoglio, che già a settembre, ovvero a cinque mesi dal sisma, le prime case erano pronte. Ricordo la consegna degli alloggi a Bazzano, la gioia delle persone che hanno trovato case accoglienti e fornite di ogni bene. E' inevitabile, nella costruzione di migliaia di immobili in un arco di tempo così breve e in condizioni così improvvise, che qualche edificio pochissimi per la verità - possa avere fatto emergere nel tempo dei difetti costruttivi. Ma credo che molto sia anche da imputare alla scarsa manutenzione negli anni successivi. Quanto al destino del compendio, credo si debba attivare un ragionamento organico per capire cosa fare di ogni singola piastra in base alle esigenze del territorio. Rimarrà comunque per sempre il fatto che il Progetto Case ha rappresentato il più grande progetto mondiale mai portato a termine per la costruzione di alloggi veri, non provvisori, di qualità, ecocompatibili, antisismici. Senza quell'iniziativa L'Aquila sarebbe morta».

Quale futuro immagina per L'Aquila. La città rinascerà, almeno in parte, secondo i canoni che aveva immaginato?
«Immediatamente dopo la tragedia avevo già immaginato una città nuova, diversa, europea, funzionale e tecnologica. Alcune cose sono state fatte. Penso al Gran Sasso Institute, eccellenza frutto di un progetto di qualità sostenuto dal mio governo. Credo che ci siano le condizioni per una rinascita piena, a patto che si inverta la tendenza degli ultimi anni. Avevo promosso un coinvolgimento diverso e concreto delle maggiori intelligenze mondiali in ogni settore. Questo è avvenuto solo in parte. Non ho notizia di progetti innovativi e di visioni strategiche. Quel poco che è stato fatto si deve alla primissima gestione dell'emergenza. Poi quasi più nulla. In ogni caso L'Aquila rinascerà con un centro storico meraviglioso, tra i più belli d'Europa, ma avrà bisogno di politiche di sviluppo economico specifiche. Noi siamo pronti a metterle in campo».

Lei è stato in città per oltre trenta volte dopo il sisma. Ha in previsione di farlo ancora?
«Ho in programma di tornare all'Aquila, meglio se in forma strettamente privata, lontano da telecamere e riflettori. Chiedo spesso notizie sui progressi della ricostruzione, mi parlano di alcune strade che lentamente tornano alla vita, di alcuni edifici storici restituiti all'abitabilità in condizioni di sicurezza. Questo mi commuove davvero. So che vi sono cantieri che costituiscono un esempio di tecnologia avanzatissima, di ingegnosità straordinaria, necessarie per intervenire in un contesto così fragile e delicato, problematico. Sono i privati a fare tutto questo, mentre la mano pubblica è rimasta molto indietro. Molto, troppo, rimane ancora da fare».

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