«Lei, carissimo presidente è venuto ad inaugurare l'anno nel decennale del terremoto e la ringraziamo - scrivono le mamme - La nostra associazione ha il dovere di tutelare i figli di tutti coloro che sono rimasti a L'Aquila. I soldi ci sono e le chiediamo accorate di procedere celermente. I nostri figli hanno diritto a vivere l'infanzia e l'adolescenza nella massima serenità e noi genitori dobbiamo essere certi di lasciarli in edifici sicuri». Le mamme vogliono metterci la faccia, raccontando a Mattarella le loro esperienze nella notte del 2009. La prima a scrivere è Valeria, mamma di Leonardo di 12 anni e di Matteo di 7. «Quella notte Leonardo aveva quasi 2 anni e la nostra casa ci ha concesso di uscirne vivi. Se fosse successo di mattina Leonardo non sarebbe più con noi perché il suo asilo nido che si trovava in centro si è sgretolato. Uno strano destino a cui sono grata perché il mio bambino era con me. Chiedo per i miei bimbi, scuole sicure di mattoni e non scuole di latta».
«Quella notte il mio piccolo Daniele aveva poco più di 2 mesi e non è stato facile uscire dalla nostra casa al buio e camminando tra i vetri rotti - afferma Tiziana, mamma di Daniele di 10 anni e di Sofia di 7 - La nostra casa ci ha protetto. E allora pensi a quanto sia fondamentale che gli edifici siano costruiti con la massima cura e secondo le norme antisismiche». «I miei due gemelli sono nati il 6 marzo 2009, un mese prima del sisma - dice Antonella, mamma di Davide, 12 anni, e di Simone di Eleonora di 10 - Quella notte siamo usciti indenni dall'abitazione e ci siamo diretti in ospedale poiché i gemelli erano ancora troppo piccoli ed avevano bisogno di cure ma il reparto era vuoto e devastato. Di quella notte ricordo il freddo, i cambi dei pannolini fatti in macchina, le corse per scaldare i biberon nel garage di casa senza luce». C’è poi Monica, mamma di Federico e Matteo, rispettivamente 8 e 7 anni, che racconta «i disagi del post sisma e l'atroce dubbio che accompagna quotidianamente le mamme per gli edifici poco sicuri». E infine Giovanna, mamma di Tommaso, 12 anni, e Vittoria di 10 che la notte del 6 aprile era incinta all’8° mese, con Tommaso di soli 17 mesi. «Con il terremoto abbiamo perso il lavoro e con molte difficoltà siamo riusciti ad andare avanti - racconta - Poi è arrivata Vittoria e abbiamo scelto di trasferirci a San Benedetto del Tronto perché purtroppo la nostra città allora non aveva nulla da offrirci per il futuro dei nostri bambini, però dopo un anno e mezzo l'amore per L'Aquila ci ha riportato qui. Oggi il nostro lavoro è ancora incerto e viviamo nel limbo del precariato».
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