Massimiliano: «Sono invalido ma posso lavorare, nessuno mi assume»

Massimiliano: «Sono invalido ma posso lavorare, nessuno mi assume»
di Maurizio Di Biagio
3 Minuti di Lettura
Mercoledì 30 Novembre 2022, 08:53

«Appena dico che sono invalido gli imprenditori storcono il naso ed il lavoro non riesco più a trovarlo, mi bollano subito». Massimiliano Quintiliani ha 48 anni ed attualmente gode della Naspi ma ancora per poco. Nel 2018 è stato operato per una patologia cardiaca e certamente non ha la salute di un ventenne ma è abile al lavoro e fa quel che può. L'ultimo l'ha terminato qualche settimana fa, per un totale di tre mesi. «Non posso dire che sono invalido (al 50%). E quindi sono costretto a fare quel che posso».

Di disoccupazione incassa 700 euro al mese: «Pago l'affitto, la benzina e qualcos'altro e i soldi sono finiti». Nell'ultima esperienza lavorativa aveva «solo cinque minuti di riposo su otto ore complessive: gli imprenditori appena sanno che sono invalido preferiscono pagare una sanzione che poi è un'inezia, perché per legge dovrebbero assumere una quota di noi, piuttosto che prendermi». Massimiliano ha fatto un po' di tutto, saldatore, carrellista ma dinanzi ai no si sente «avvilito». Non gli manca la voglia di darsi da fare: «Sono andato dappertutto a cercare lavoro, da Piano della lente dove abito fin su alla Bonifica del Tronto, ma appena ascoltano la mia storia mi scartano».


«Non può essere lasciato solo a confrontarsi col mondo» sostiene Mirco D'Ignazio, coordinatore Abruzzo-Molise Inca-Cgil. «Purtroppo una persona non più giovanissima con problemi di salute non trova lavoro anche se vige l'obbligo da parte delle aziende di assumere un tot di persone con fragilità (legge 68/99) perché non sempre c'è questo riconoscimento».

Difatti spesso non si ricorre all'albo delle persone svantaggiate, dove le aziende devono attingere ma «si preferisce pagare le multe, di scarso valore economico, oppure ci si attrezza in casa prevendono invalidi cresciuti nelle stesse aziende attraverso addetti già con qualche patologia».


Il sindacalista si dice molto preoccupato per quello che potrà accadere «una volta tolto il reddito di cittadinanza, soprattutto nei confronti di coloro che si ritengono occupabili ma tali poi non sono: c'è da segnalare che i 50-55enni il lavoro non lo trovano, poi se c'è qualche problema di salute è ancora peggio».


A ciò si aggiunge la povertà insita in queste persone che impedisce una certa mobilità «per raggiungere le zone industriali con mezzi propri, perché quelli pubblici sappiamo come sono limitanti. Insomma l'idea di avere meno di 60 anni, come asserisce il governo, non basta e ciò rischia di poter generare diversi problemi sociali».
Il tutto in «un'ottica di recessione» con limitazioni di posti di lavoro, come prevede D'Ignazio. «Già ora è complicato trovare lavoro, immaginiamo con prospettivo di crescita basse: è veramente improbabile». Importante a questo punto «che non tolgano i sostegni perché significa lasciarli in mezzo alla strada».
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA