Il moto Celestiniano nella “coscienza” aquilana

la Bolla del Perdono
di Enrico Cavalli
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Sabato 28 Maggio 2022, 21:09 - Ultimo aggiornamento: 21:13

L'AQUILA Nel Medioevo aquilano, si inserisce il moto Celestiniano, che modellava la città sede della Bolla dell’Indulgenza.

I Celestini hanno un’identificazione nel tessuto civico, non solo attribuibile al peso carismatico del loro fondatore, Pietro Angelerio dal Morrone che ottenne dal vescovo aquilano Nicolò da Sinizzo, la dedicazione alla Santa Vergine Maria, di un’abbazia, presso il Colle Maggiore aquilano nel 1287, laddove, auspice la regalità angioina, l’eremita morronese sarà incoronato col nome di papa CelestinoV, il 29 agosto 1294.

La Bolla ”celestiniana”al netto sia della sua controversa lettura da parte dell’autorità civile che della diversità dall’anno Giubilare indetto da papa Bonifacio VIII nel 1300, avveniva alla vigilia della transumanza per le Puglie e che si intrecciava ai pellegrinaggi dei fedeli, giunti in una città strategica della”Via degli Abruzzi”: “l’Aquila sobrana, la meliore città prima della Toscana”, per dirla alla Buccio di Ranallo, invero, l’unica autonomia demaniale, nel feudalesimo meridionale, conosceva una sua terza conurbazione, in veste fieristica.

Cessato lo sconcerto dell’abdicazione del primo pontefice ad esercitare l’ufficio petrino fuori di Roma, della sua traduzione a Fumone e scomparsa nel 1296, ecco la canonizzazione di Pietro Celestino ”confessore”nel 1313, e che Aquila toccata da sismi, pestilenze, guerre, innalza fra i suoi protettori, in specie, dagli Artieri e si capiscono le ragioni degli aquilani che trasportano il venerabile corpo di Celestino V da Ferentino a Collemaggio nel 1327, con tanto di nuove feste religiose e laiche il 19 di maggio, vivide, assai, nella memoria collettiva.

Fra ”Cattività avignonese” e Scismi d’Occidente, la componente celestiniana, rafforza la sua femminile claustralità ed equiziana a San Basilio e vanta i priori Matteo, Marino, Giovanni, in intima compenetrazione fra la tiara e gonfalone, durante la resistenza a Braccio Da Montone nel 1424. 

La ”libertas” municipale è nella mutua armonia fra gli Ordini religiosi, posta la ”visione celestiniana” di Bernardino Da Siena nel 1444, e, le indulgenze lucrate da migliaia di fedeli a fine ‘400, a Collemaggio, indurranno il francescano Giovanni Da Capestrano, a perorare la strada da Porta Bazzano alla Basilica.

A minare la saldezza celestiniana locale, la sua dipendenza dalla versione parigina ed il dono da parte del popolo aquilano, della statua argentea di Celestino V, alla Chiesa del Giubileo’600, simboleggia l’ultimo bagliore dell’Ordine, che vede le contese fra l’abate di Collemaggio ed i vescovi aquilani, sull’uso del pontificale, la ”querelle” chiusa dall’”interdizione” diocesana ai Celestini nel 1720, che giusto, un secolo dopo riprendono il complesso di Collemaggio..

Nella modernità, siamo, alla riflessione sulla peculiarità della ritualità Celestiniana, che negli anni’30, è declinabile  nella rievocazione dell’incoronazione  del papa eremita, per cui serve tempo affinchè si passi dal corteo delle”vetture”a quello della Bolla, nelle implicazioni extraciviche che comporta il riconoscimento dell’evento religioso da parte dell’Unesco..

Nel messaggio pastorale alla Perdonanza nel Giubileo Straordinario del 2013, l’Arcivescovo dell’Aquila, sottolineava la necessità di”fare esperienza”della categoria teologica della”Indulgenza”, vieppiù,  in un contesto aquilano che veramente sottenda alla riconciliazione morale, anticamera di quella materiale.

Enrico Cavalli

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