Accertato che il fenomeno esista– prosegue Rossi- sarebbero due i motivi principali che lo spiegherebbero: «l’aumento dell’uso turistico dell’area del parco e la diminuzione dell’agricoltura, pastorizia e zootecnia infatti nel 1979/80 ho potuto avere la soddisfazione “amara” di sentire anche pastori, boscaioli, contadini, guardie forestali e guardie parco, dare come certa l’avvenuta diminuzione di orsi. Tornando all’esperto ing. Zunino e alla sua fondata ipotesi relativa allo sbandamento della popolazione del plantigrado, il quale asserisce che: «ora si dà il caso che l’unico evento che si sa essere negativo, che è nuovo, è solo ed esclusivamente il boom turistico, in modo particolare quello ricreativo di massa, mentre quello residenziale ha inciso in forma indiretta solo sull’ambiente e sul paesaggio che non per questo non vanno protetti; infatti, com’è stato ormai accertato anche per altre esperienze, il disturbo arrecato da un turismo non regolamentato rappresenta un fatto negativo per la vita della specie orso bruno, dato scientifico ampiamente documentato anche per il nord America».
Partendo dalle conclusioni della citata ricerca scientifica, Rossi ribadisce evidenziando «come le autorità non abbiano considerato affatto l’elemento negativo, rappresentato dalla drastica diminuzione della popolazione all’epoca presente nel territorio del Parco Nazionale e la sua conseguente disgregazione e dispersione su un areale geografico che attualmente si estende dal Molise alle Marche passando per l’alto Lazio. Infatti questo ampliamento dell’areale di distribuzione, ha comportato una sua drastica diminuzione a causa dei flussi incontrollati del nomadismo turistico della domenica che hanno favorito in maniera scriteriata le attività agro-silvo-pastorali tradizionali, i medesimi soggetti ai quali addebitare il fallimento dei molteplici progetti “Life-arctos” finalizzati alla tutela e conservazione del plantigrado con denari comunitari, dilapidati: infatti, l’unico effetto prodotto è la diminuzione del numero degli esemplari accertata dalla fine degli anni ottanta ad oggi!».
«A corredo delle risultanze sinora descritte, va ricordato come negli ultimi dieci anni le aree sin qui oggetto di attenzione ed in particolare quella compresa nel SIC Parco Nazionale d’Abruzzo (codice sito IT 7110205) hanno visto la realizzazione di svariate infrastrutture viarie e non (addirittura gallerie!) che hanno provocato la ulteriore riduzione e frammentazione degli habitat maggiormente vocati alla specie, con il relativo aumento dei flussi incontrollati del nomadismo turistico della domenica che coloro i quali gestiscono il nostro ambiente hanno favorito in maniera scriteriata anziché implementare le attività agro- silvo pastorali tradizionali. Essi sono i medesimi -conclude Rossi- soggetti ai quali addebitare il fallimento dei molteplici progetti Life Arctos finalizzati alla tutela e conservazione del plantigrado con denari comunitari, dilapidati: infatti, l’unico effetto prodotto è la diminuzione del numero degli esemplari accertata dalla fine degli anni ottanta ad oggi!».
Sabrina Giangrande
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