I tre giovani avevano maturato l’idea di commettere il furto nella chiesetta a San Pietro della Jenca, diventato Santuario dedicato a San Giovanni Paolo II, durante alcuni lavori elettrici effettuati in zona in cui aveva partecipato uno dei ragazzi. Poi un frullino e altri attrezzi da cantiere avevano fatto il resto per entrare nella chiesetta tanto cara al pontefice. Il furto aveva travalicato i confini regionali. Per risalire ai responsabili erano stati impiegati una cinquantina di uomini tra Polizia e carabinieri, con unità cinofile molecolari. L’identificazione era avvenuta nel giro di pochi giorni ed era emerso come i tre ragazzi, all’interno di un garage di uno di loro, avessero rotto il reliquiario gettando frammenti e filamenti poi ricomposti una volta rinvenuti dalle unità specializzate. Da subito la Curia aveva annunciato di non voler denunciare i tre ladruncoli. La Legge invece ha concesso il perdono dopo un percorso e lavoro gratuito di pubblica utilità terminato recentemente.
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