Funivia, test sul Gran Sasso per simulare il caso Stresa

Funivia, test sul Gran Sasso per simulare il caso Stresa
di Stefano Dascoli
3 Minuti di Lettura
Mercoledì 26 Maggio 2021, 07:53 - Ultimo aggiornamento: 27 Maggio, 16:29

Il problema non è legato alla sicurezza. Semmai alla psicosi che può indurre l’incidente alla funivia Stresa-Mottarone, che ha provocato 14 vittime. Lo dice Dino Pignatelli, amministratore del Centro turistico del Gran Sasso, ingegnere che conosce a menadito i meccanismi di cura e manutenzione della funivia. Quella di Campo Imperatore collega Fonte Cerreto ai 2.128 metri dell’hotel dove fu imprigionato Benito Mussolini.

 

Un impianto che proprio in questi giorni sarà sottoposto alla prova del “finto taglio”, simulando ciò che è accaduto a Stresa. Un controllo periodico che già era programmato da qualche giorno e che non ha subito variazioni dopo la tragedia. «Sono manutenzioni che si fanno sistematicamente, tutti gli anni, anzi in tutte le stagioni - spiega Pignatelli al Messaggero -. Proprio adesso stiamo lavorando sulla funivia».

Ovvero si tratta di applicare il piano di controlli non distruttivi previsto per gli impianti a fune: per ogni tipo di componente, a seconda dell’utilizzo, si fanno esami magnetoscopici, ultrasuoni, raggi X. E poi, per stare al caso di Stresa, tutti gli anni si fa l’esame delle funi. «Ci sono la funi portanti - spiega Pignatelli -, quelle che portano la funivia, e poi ci sono quelle traenti, che la tirano. La portante va e viene, ha un arrivo e una partenza; la traente è un anello chiuso, da una parte tira, dall’altra frena. A Stresa evidentemente è successo che la funivia si è “sganciata”: sembra che si stata ammorsata la fune, non era bloccata».

Un blocco che può avvenire in due modi: quello più antico, con le “teste fuse”, un cono di piombo fuso. Oppure, come spiega Pignatelli, ci sono 3 spire su un cilindro e il blocco successivo, con la fune che fa attrito. «C’è la possibilità - dice Pignatelli - che la fune traente ceda, ma in quel caso ci sono i freni di emergenza sulle portanti. Due ganasce che scattano automaticamente e hanno materiale cedevole all’interno, normalmente rame: piastre che stringono, si consumano, ma non creano problemi alla fune, non segandola. L’impianto dovrebbe frenare». Uno dei controlli fondamentali sta proprio qui, nel testare che questo sistema funzioni a dovere: «Facciamo sistematicamente prove per vedere se scattano i freni di emergenza, il cosiddetto finto taglio.

E’ in programma in questi giorni, alla presenza dell’Ustif (Ufficio speciale trasporti a impianti fissi del Mit, ndr)».

Per il resto le attività da fare sono tante: ingrassaggio funi, sostituzione dei rulli, delle gomme, messa a punto del motore, delle schede elettroniche. E tanto altro. Ma c’è un punto su cui Pignatelli sembra fermo: l’emergenza Covid, con molti impianti rimasti inattivi a lungo, non ha recitato un ruolo in questa tragica vicenda. Men che mai ha creato problemi alla funivia del Gran Sasso: «E’ rimasta sempre in attività, è un impianto pubblico e come tale deve sempre essere disponibile».

© RIPRODUZIONE RISERVATA