Carabiniere travolto e ucciso, la figlia Sara: «Dolore troppo grande da sopportare»

Carabiniere travolto e ucciso, la figlia Sara: «Dolore troppo grande da sopportare»
di Patrizio Iavarone
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Mercoledì 19 Giugno 2019, 10:34
Otto pennacchi rosso e blu, quelli dell’alta uniforme, svettano sulla folla che riempie la cattedrale di San Panfilo a Sulmona e sulla bara avvolta dal tricolore. Ai piedi del feretro una corona di rose rosse che porta la firma di mamma Eleonora, sopra adagiato su un cuscino il cappello d’ordinanza, quello che indossava l’altra notte Emanuele Anzini, 42 anni ieri che non ha mai compiuto. L’addio a Lele, l’appuntato in forza alla Radiomobile di Zogno, ucciso da un automobilista ubriaco ad un posto di blocco a Terno d’Isola, si celebra nella città che lo ha visto crescere e dove è cresciuta la figlia Sara. Diciotto anni appena e l’esame di maturità da sostenere tra qualche giorno.

Sono le sue parole dal pulpito a rompere il silenzio doloroso della commemorazione: «La realtà è che un dolore così grande si cerca di colmarlo con la speranza di qualcosa che vada oltre la razionalità – dice la ragazza – ma è troppo difficile legarsi a qualcosa che non esiste. E’ un peccato papà, un peccato che tu non mi abbia visto crescere, cambiare e assomigliarti un po’ di più». Lei che voleva arruolarsi, come papà e come nonno, nell’Arma. Gli occhi rossi si sciolgono in lacrime e la tensione in un lungo applauso. Sara fa un profondo respiro prima di tornare al suo posto e lasciare la postazione al comandante generale dell’Arma Giovanni Sistri: «Lele era un ragazzo per bene che amava la montagna e che aveva fatto una scelta – ricorda – la scelta di donarsi, come carabiniere quando aveva appena 20 anni e come volontario nella Croce Rossa. La scelta di stare in strada, l’altra notte, alle 2:53 a presidiare la sicurezza e di morire per questo».

Il vescovo Michele Fusco che officia la messa rende omaggio al lavoro delle forze dell’ordine, ricorda le parole del Presidente Mattarella che li ha definiti "artigiani della pace, eroi del quotidiano" e paragona Emanuele alle vergini con le lanterne della parabola dal Vangelo di Matteo: «Come quelle vergini aspettavano fedelmente lo sposo - dice Fusco - così Emanuele illuminava le strade della legalità, mostrando fedeltà alla legge». La chiesa è piena in ogni ordine di posto e fuori, chi non è riuscito ad entrare, attende in rispettoso silenzio il picchetto d’onore che saluta l’appuntato all’ingresso e all’uscita. «Ti cerco nelle canzoni, nei libri, nel vento che mi accarezza i capelli e che mi fa pensare che tu sia lì» continua Sara, mentre una folata di vento si alza improvvisa all’uscita del feretro dalla chiesa.
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