False opere di Pistoletto, condannato il gallerista Cesare Manzo

False opere di Pistoletto, condannato il gallerista Cesare Manzo
di Stefano Buda
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Sabato 20 Aprile 2019, 09:47
Condannato a 2 anni e 2 mesi a Pescara per avere riprodotto, contraffatto e posto in vendita alcune opere, denominate Frattali grafici e numerici, del noto artista biellese Michelangelo Pistoletto. Nei guai Cesare Manzo, storico gallerista pescarese che per oltre un decennio ha animato la rassegna d’arte contemporanea “Fuori Uso”, coinvolgendo curatori del livello di Nicolas Bourriaud, Achille Bonito Oliva, Hou Hanru, Teresa Macrì, Mario Codognato e molti altri. Manzo è stato inoltre condannato, dal tribunale monocratico di Pescara, al risarcimento del danno, da quantificare in sede civile, a favore di Pistoletto. Al riguardo il giudice Virginia Scalera ha stabilito una provvisionale di 10mila euro. Contestualmente il tribunale ha disposto la confisca e la distruzione dei falsi Frattali, opere consistenti in segni e numeri impressi su vetro.

Sotto la lente dell’accusa erano finiti oltre cento falsi lavori del maestro Pistoletto, che furono sequestrati tra il 2011 e il 2016 presso gallerie, case d’asta e singoli collezionisti di mezza Italia. La maggior parte delle opere, tuttavia, era stata acquistata molto tempo prima, a cavallo tra il 2004 e il 2005. L’intera vicenda sarebbe dunque finita in prescrizione se nel 2016, a Pescara, non fossero stati rinvenuti e sequestrati, nei locali della galleria d’arte riconducibile a Manzo, tre falsi Frattali recanti i colori giallo, rosso e azzurro. Questi lavori erano stati inizialmente concepiti da Pistoletto come singole parti di un’unica grande opera, realizzata con l’idea di proiettare “una sorta di esplosione fatta di tanti piccoli specchi – ha spiegato in aula l’artista - che erano parte di un unico grande specchio infinito". Nel settembre del 2000 Pistoletto espose i Frattali nella galleria di Manzo a Pescara. Venne redatto anche un catalogo e qualche tempo dopo il gallerista chiese a Pistoletto di realizzare un'altra quindicina di opere, di cui l’artista siglò l’autentica sul momento. Con il tempo, però, Pistoletto iniziò a ricevere segnalazioni circa il proliferare dei Frattali e, in seguito ad una serie di verifiche, appurò che erano stati immessi sul mercato dei falsi Frattali, con tanto di autentiche non sue.

La situazione finì fuori controllo, tanto che lo stesso artista ha spiegato di avere ricevuto “richieste di autenticazione per oltre 300 Frattali, con la conseguenza che le opere originali, che all’inizio avevano un discreto valore di mercato, attualmente non valgono più nulla”. Le indagini, che si estesero in diverse regioni del Paese, finirono per convergere verso un’unica direzione: quella di Pescara e del gallerista Cesare Manzo. “Sia Pistoletto che il grafologo ci hanno detto che queste opere non sono di Pistoletto e che la falsificazione è riconducibile ad un’unica mano – ha detto, nel corso della sua arringa, il legale dell’artista -. Molteplici elementi ci dicono che Manzo è responsabile e che si è attribuito un potere di autentica, come fosse per delega, di opere che sono state riconosciute false e che sono addirittura di più di quelle per cui procediamo”. Quindi l’affondo finale. “Sono stato qualche giorno a Pescara, dove non c’era persona che non avesse in casa un Frattale, tanto che perfino in albergo ne ho trovato uno - ha concluso la difesa di Pistoletto -. Comprendo che Manzo abbia fatto una vita d’artista e che abbia coltivato dei vizi costosi, ma non ci venga a dire che non ha falsificato o non ha commercializzato quelle opere”.
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