Curcio: «Focus sulle scuole dell'Aquila e codice delle ricostruzioni»

Curcio: «Focus sulle scuole dell'Aquila e codice delle ricostruzioni»
di Stefano Dascoli
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Giovedì 20 Febbraio 2020, 16:27 - Ultimo aggiornamento: 16:33
L'AQUILA - Un codice delle ricostruzioni che aiuti, almeno, ad abbattere i tempi nella fase di approccio; un focus speciale sulle scuole, elemento nodale di collegamento delle varie fasi, dall'emergenza alla rinascita; la costatazione, che non è ancora urgenza, che serviranno altri 4 miliardi per L'Aquila. Fabrizio Curcio è stato anche Capo Dipartimento della Protezione civile, ma oggi è alla guida di Casa Italia, ovvero la struttura che dovrà coordinare i soggetti che si occupano e si occuperanno di ricostruzione. In questa intervista al Messaggero esamina scenari attuali e prospettive. 

Ingegner Curcio, come valuta la nomina di Legnini a commissario per l'emergenza sisma 2016? 
«Molto positivamente. Non sono tra coloro che si schierano per un commissario di nomina politica o tecnica. Dico solo che ha dimostrato nel tempo di avere conoscenza del territorio e, in più, si è già occupato di sisma quando era sottosegretario. Una figura di assoluto rilievo». 

Legnini l'ha chiamata in causa subito nel percorso di creazione di un Dipartimento delle ricostruzioni. 
«In realtà siamo giù un passo avanti rispetto all'idea. Una delle modifiche al decreto legge 123, approvato definitivamente a dicembre, prevede che la presidenza del Consiglio, per il tramite del Dipartimento Casa Italia, effettui un coordinamento dei soggetti che si occupano di ricostruzione. L'idea è che il Dipartimento diventi un po' l'entry-point delle ricostruzioni. Quello che manca oggi è l'omogeneizzazione delle varie ricostruzioni. Dal 2009 al 2012, fino al 2016-2017, abbiamo avuto modelli operativi diversi, addirittura modalità di finanziamento e di acquisizione di informazioni differenti. E' venuto il tempo di abbattere i tempi di partenza, arrivando a una pianificazione. Questo è l'obiettivo sfidante di Casa Italia e i commissari sono parte di questo disegno collettivo». 

In soldoni? 
«Metteremo insieme le esperienze di L'Aquila, Emilia Romagna e Centro Italia, ma senza dimenticare Ischia e Catania, insomma tutto ciò che ci porterà all'emanazione di un codice delle ricostruzioni. I tempi sono maturi». 

La mancata omogeneizzazione è una delle ragioni dei ritardi, per esempio per il Cratere 2016-2017? 
«E' uno dei motivi, poi ci sono condizioni peculiari. Calcoliamo che tutte le ricostruzioni hanno scontato un periodo iniziale per mettere in piedi il modello, come per esempio per la costituzione degli Uffici speciali. Quando invece questo sarà programmato prima abbatteremo se non altro questi tempi». 

Quali dovranno essere i cardini del futuro codice? 
«Non possiamo più pensare alla ricostruzione solo come infrastrutturale e fisica. E' un fenomeno soprattutto socio-economico: immaginare la vocazione di un territorio, per esempio, ci consentirebbe di fare cose che abbiano un senso per lo sviluppo delle comunità. In questo aspetto un elemento cruciale sono le scuole, un punto che collega le fasi diverse della ricostruzione». 

Come si spiega, allora, che proprio su questo ci sono gravi ritardi? 
«All'Aquila sono state fatte attività importanti, come i Musp, come la ripresa immediata delle lezioni dopo il sisma. Effettivamente ad oggi c'è un vulnus. Questo è il motivo che ci ha indotto a pensare a un focus specifico: ho messo in piedi una cabina di regia con Comune, Regione, Miur, Provveditorato Opere pubbliche e a breve anche la  Provincia. Stiamo esaminando situazione per situazione. Fuori dal Comune dell'Aquila, invece, qualche scuola è stata già ricostruita. Sabato scorso, a Rocca di Botte, ne abbiamo inaugurato una: significa ridare vita e speranza a una comunità». 

E' vero che serviranno più soldi per L'Aquila? 
«Ad oggi sono state previste risorse per più di 17 miliardi di euro. Ci sono ancora da assegnare 1,3 miliardi. Certamente se facciamo un'analisi dei fabbisogni a ricostruzione completata mancano delle risorse e ci sarà bisogno di programmarle. L'ordine di grandezza è attorno ai quattro miliardi. Non credo, però, che questa sia, oggi, un'emergenza. E' utile porre la questione, non la vedo, però, come un'urgenza». 

Lei era in prima linea nel 2009. Cosa resta di quell'esperienza? 
«Gli scenari che abbiamo vissuto nel tempo sono stati molto differenti. Non amo fare paragoni tra prima e dopo. Il 2009 è stato il primo grande sisma dell'epoca più vicina a noi. Io credo, però, non sia stata percepita esattamente la portata e la drammaticità degli eventi 2016-2017: fondamentalmente ha spaccato un pezzo d'Italia». 
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