Covid, nella mappa Ue l'Abruzzo è già zona gialla

Covid, nella mappa Ue l'Abruzzo è già zona gialla
di Alessia Centi Pizzutilli
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Venerdì 5 Novembre 2021, 08:01

Non accenna a decrescere la curva epidemiologica in Abruzzo, regione che passa dalla zona verde a quella gialla nella nuova mappa pubblicata dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc). La mappa scatta una istantanea dell'incidenza del Covid, ma non tiene conto degli altri termini di valutazione necessari per il passaggio in zona gialla.

Il quadro è in peggioramento anche osservando gli ultimi dati emersi dal monitoraggio della fondazione Gimbe sulla settimana dal 27 ottobre al 2 novembre, che mostra una variazione dei nuovi positivi del +21,3%, ma i parametri fissati dal governo Draghi per il passaggio dalla zona bianca alla gialla restano sotto la soglia di allarme. Sebbene infatti l'incidenza per centomila abitanti superi il limite di 50, l'ospedalizzazione resta stabile al 5% per le terapie intensive e per l'area medica, scongiurando di fatto la "retrocessione".

Se fino a qualche mese fa erano fondamentali per il passaggio da una fascia all'altra l'indice Rt e l'incidenza sul totale della popolazione, oggi il dato più pesante è quello relativo ai ricoveri: il tasso di occupazione in terapia intensiva non deve superare il 10% e quello in area medica il 15%. A precisare che al momento il rischio concreto di passare in zona gialla per l'Abruzzo non sussiste è il professor Giustino Parruti, direttore dell’Unità operativa complessa di Malattie infettive di Pescara: «Nel contesto attuale che si possano avere delle dilaganti infezioni è molto improbabile, poiché i suscettibili a una infezione grave sono pochi.

Se non arriva una nuova variante, aumentando la copertura vaccinale, avremo la circolazione del virus sempre più ridotta. Quindi queste oscillazioni sono accettabili in una certa misura e non si traducono in una maggiore occupazione delle risorse sanitarie: a Pescara per esempio riusciamo a gestire, tramite le monoclonali per le persone a rischio, la maggior parte delle persone senza necessità di ricovero».

Per l'infettivologo: «Il virus è estremamente contagioso, siamo arrivati all'87% di prime dosi, quindi il numero di persone suscettibili alla malattia grave si è ridotto già, ma fino a quando non avremo idealmente somministrato la terza dose a tutta la popolazione, i vaccinati potranno comunque ammalarsi, anche se in maniera lieve (sintomatica, paucisintomatica) e con un rischio quasi trascurabile di sviluppare una polmonite. Con la terza dose anche questa forma di infezione, ci spiegano i dati di Israele della scorsa settimana, dovrebbe essere controllata: le persone protette da tre dosi che possono contare su un buon sistema immunitario potrebbero diventare capaci di avere solo una infezione asintomatica, breve e non contagiosa. La circolazione del virus non si ridurrà più di tanto fin quando non arriveremo a un 90-95% di vaccinati con tre dosi - precisa - Quello che è importante è mantenere questo esasperato ricorso al tampone che ci permette di bloccare le persone positive molto rapidamente, il vero problema ci sarebbe se non avessimo il green pass, che costringe chi rischia l'infezione grave ad effettuare continuamente i test».

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