Covid, visite a domicilio rifiutate: la Asl segnala i medici di base alla procura

Covid, visite a domicilio rifiutate: la Asl segnala alla procura i medici di base
di Teodora Poeta
4 Minuti di Lettura
Sabato 10 Aprile 2021, 08:48 - Ultimo aggiornamento: 08:56

Spunta ora una lettera interna della Asl di Teramo, protocollata in piena seconda ondata, dove si capisce bene che già parecchi mesi fa c’era la piena consapevolezza da parte di chi di dovere che alcuni medici si rifiutavano di visitare a domicilio o anche in ambulatorio i pazienti e per questo è stato necessario mettere tutto nero su bianco e informare anche la procura. La lettera è stata protocollata lo scorso ottobre e firmata dal direttore del Dipartimento di assistenza territoriale, Valerio Profeta. Destinatari sono i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta e imedici di continuità assistenziale, ma la lettera è stata inviata anche alla Procura, al presidente dell’ordine dei medici della provincia di Teramo, ai componenti dei comitati aziendali di medicina generale e pediatrica e ai medici Usca.

Covid, l'Abruzzo sotto choc: è morta Sonia Pantoli, era architetto e aveva solo 31 anni

In particolare si parla di un problema di cui molto si è discusso anche in seguito ad un grave episodio di cronaca, ossia la morte di una donna di Teramo rimasta per giorni con il marito a casa, entrambi positivi al Covid-19, senza assistenza sanitaria. Oggetto dell’argomento sono le visite ambulatoriali e domiciliari. Nella lettera agli atti, infatti, il dottor Profeta esordisce scrivendo così: «Ci giunge da più parti notizia che alcuni colleghi appartenenti alle tre categorie in indirizzo si rifiutino di sottoporre a visita (ambulatoriale o domiciliare) i propri assistiti, adducendo capziose motivazioni relative all’epidemia da Sars-Cov-2 in corso, oltretutto senza attivare le Usca quando ciò è necessario». Parole che oggi confermano che anche alla Asl erano arrivate le numerose lamentele tanto da spingerli a riprendere i colleghi e spiegare, o meglio rispiegare loro le linee guida da seguire così come da protocolli. Nero su bianco, infatti, è stata ribadita la procedura. Tutto ciò che andava fatto in caso di pazienti affetti da Covid-19 accertati tramite tampone e loro contatti stretti; pazienti con sintomatologia suggestiva (febbre, difficoltà respiratoria) e pazienti con sintomatologia riferibile ad altra patologia.

Nei primi due casi, si legge sempre nel documento della Asl agli atti, Profeta ha ricordato ai colleghi che «dopo un accurato triage telefonico», possono sottoporlo a visita (ambulatoriale o domiciliare) indossando gli opportuni Dpi (disponibili in ogni sede distrettuale) ovvero attivare l’Usca competente per territorio, mentre i pazienti con sintomatologia riferibile ad altra patologia «vanno invece obbligatoriamente visitati».

Muore di Covid in ospedale a Roseto degli Abruzzi: la moglie Antina, positiva, si lascia morire

 Inoltre, sempre nella lettera dello scorso ottobre «si rammenta che comportamenti diversi da quelli sopra segnalati comportano – così come si legge – non solo un’inadempienza contrattuale e una contravvenzione del codice deontologico, ma anche l’omissione (fatto penalmente rilevante) di atto dovuto». Il direttore del Dipartimento di assistenza territoriale, Valerio Profeta, ha infine scritto: «So bene che la maggioranza dei colleghi opera già nel senso migliore, ma l’operato sconsiderato di pochi si riflette negativamente su tutta la categoria medica e della Asl stessa, per tale motivo conto sulla vostra collaborazione e il buon senso, professionale e civico, di tutti». Eppure non più tardi di circa 15 giorni dopo quell’atto finito nel protocollo della Asl è avvenuto il tragico fatto di cronaca per cui adesso sta indagando la magistratura con una denuncia dei familiari della vittima che hanno individuando come possibili responsabili dell’omicidio colposo, di un’omissione di atti d’ufficio e di un’omissione di soccorso nei confronti della donna proprio il medico di famiglia e l’Usca. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA