Giacomo, 6 anni, positivo: «Che tristezza senza scuola»

Giacomo, 6 anni, positivo: «Che tristezza senza scuola»
di Giuseppe Ritucci
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Mercoledì 9 Dicembre 2020, 12:57

«Ciao sono Giacomo e ho sei anni. Dal giorno di Halloween la mia mamma e il mio papà sono andati in vacanza e hanno deciso di rimanere a casa tutto il tempo con me e il mio fratellino, ci divertiamo tantissimo». È costretto a restare a casa dallo scorso 31 ottobre il bimbo che frequenta la prima elementare nella scuola L.Martella di Vasto, contagiato dal Covid-19 così come il resto della sua famiglia. I genitori, ravvisandone i sintomi, hanno scoperto di essere positivi, qualche giorno dopo anche Giacomo e il suo fratellino più piccolo, pur stando bene, hanno fatto il tampone, con esito positivo. Da allora per il bimbo è iniziata una sorta di percorso a ostacoli che, insieme alla madre, un po’ per gioco e un po’ per esorcizzare le ansie di questo periodo così complicato, è diventata una commovente letterina.

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Con tutta la famiglia chiusa in casa, per il bimbo vastese la scuola è da ormai più di un mese solo a distanza. «Il primo giorno mi sono divertito ma non ho capito perché sento solo le voci dei miei nuovi amici di prima elementare e se mi giro intorno a me vedo solo dei muri bianchi. I miei amici però mi hanno mandato tantissimi video messaggi sul telefono e mi hanno mandato un regalo insieme alle maestre». Le precauzioni in famiglia non sono mai mancate. Mascherine, niente feste, niente luoghi affollati, stop alle attività extrascolastiche. Eppure il virus è arrivato. Il primo tampone di controllo è stato da ripetere, poi nuovamente positivo, poi ancora da ripetere. E così, dopo oltre un mese, Giacomo non sa quando potrà tornare a scuola dai suoi compagni. Dopo tante settimane subentrano le angosce, le paure e i timori. Questo virus invisibile fa tanto male anche a un bimbo di sei anni che, pur non avendo conseguenze sulla salute, è tenuto per tanto, troppo tempo, a casa lontano dalla sua socialità. «A casa mi annoio sempre di più, mamma e papà parlano sempre al telefono con dei signori che ci chiedono se stiamo bene».
 

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