Coronavirus, lancia sui social falso contagio: denunciata

Coronavirus, lancia sui social falso contagio: denunciata
di Patrizio Iavarone
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Venerdì 13 Marzo 2020, 09:49 - Ultimo aggiornamento: 10:13
Arriva da Anversa degli Abruzzi la prima denuncia in Italia per aver diffuso fake news sul Coronavirus. A presentarla è stato il sindaco del paese, Gianni Di Cesare, travolto nei giorni scorsi dalle telefonate allarmate dei suoi compaesani che chiedevano spiegazioni in merito ad un post pubblicato da una donna di Villalago che, nel citare una fonte di stampa, indicava «il primo caso di Coronavirus ad Anversa».

Notizia diventata virale in poche ore, ma priva di ogni fondamento e che ha costretto il sindaco a rivolgersi ai carabinieri di Sulmona che, dopo aver individuato la fonte e averla obbligata ad eliminare il post, hanno denunciato la donna per procurato allarme alla procura della Repubblica di Sulmona. «In un momento delicato come questo - commenta il sindaco Di Cesare - abbiamo bisogno di tutto meno che di fake news e di creare il panico nella popolazione, più di quanto non ce ne sia già. La gente ha paura e bisogna essere prudenti nell’utilizzo dei social». Lo stesso Corecom ieri ha d’altronde diffuso un decalogo per combattere le notizie false che girano sul web: come riconoscerle e soprattutto come segnalarle (corecomfakenews@crabruzzo.it).

A «non trasformare l’allarme sanitario in allarmismo» è l’invito che rivolge anche il Tribunale per diritti del malato che chiede ai sindacati, che ieri avevano diffuso una nota nella quale denunciavano carenze di dispositivi protettivi e casi sospetti di Coronavirus nelle corsie degli ospedali e delle strutture private insieme ai normali degenti, «di evitare di ingenerare paure ad una popolazione già abbastanza provata - scrive la responsabile Catia Puglielli - vogliamo rassicurare tutta la cittadinanza precisando che la Asl 1 sta attuando tutte le misure necessarie per la prevenzione ed il contrasto del virus». E insomma «medici e infermieri - continua il Tribunale per i diritti del malato - devono fare i conti con una fisiologica criticità della struttura ospedaliera data l’eccezionalità del problema».

Ma a lamentare la scarsità di strumenti, non sono solo i sindacati che dicono comunque di aver raccolto tante, troppe, segnalazioni dal personale in servizio per «inadempienze da parte dei datori di lavoro - scrivono i sindacati - a quelle che sono le direttive ministeriali e regionali», ma anche i medici e i pediatri di base: «Qui in periferia - spiega un pediatra di Sulmona - non sono arrivate né mascherine, né occhiali, né camici monouso. Completamente dimenticati e impossibilitati ad operare, vista anche la carenza di questi dispositivi sul commercio privato». Così è stato d’altronde anche per la polizia municipale di Sulmona che ha dovuto ricorrere ad un acquisto diretto per munirsi di mascherine di protezione per gli agenti: la Protezione civile che avrebbe dovuto fornirle, infatti, non ha ancora provveduto. E per chi sta “sul fronte” non è possibile aspettare i tempi della burocrazia.
 
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