Coronavirus, mamma positiva non può partecipare al matrimonio della figlia: «Ora rischio di perdere il lavoro»

Nada Cava. Coronavirus, mamma positiva non può partecipare al matrimonio della figlia: «Ora rischio di perdere il lavoro»
di Tito Di Persio
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Domenica 12 Luglio 2020, 09:02 - Ultimo aggiornamento: 13 Luglio, 21:48

Positiva al Covid-19 da 120 giorni rischia di perdere il lavoro. È la drammatica storia di Nada Cava, mamma 50enne di Colonnella, in provincia di Teramo. «Ieri mi hanno comunicato il risultato del tredicesimo tampone: ancora positivo. Sono molto arrabbiata con tutti. Non mi hanno dato nessuna terapia per aiutare il mio corpo a produrre gli anticorpi che mi permettono di superare questo maledetto virus». E in questi 120 giorni di isolamento non ha potuto neanche partecipare al matrimonio della figlia di 28 anni che si è sposata con rito civile un mese fa: la mamma ha assistito alla cerimonia guardando il telefono cellulare.

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La donna è affranta. Seppur positiva, per la Asl di Teramo, è «clinicamente guarita» dal coronavirus. Ma non lo è andare a lavorare. «Ho un contratto di lavoro che scade il 5 agosto, se non riesco a rientrare rischio di perderlo per sempre, anche perché il mio datore di lavora ha dovuto assumere una ragazza per sostituirmi. A 50 anni dove la trovo un’altra occupazione? - dice - E il mio lavoro mi piace». Poi racconta la sua odissea e spiega che molto probabilmente a contagiarla «è stato un collega proprio sul posto di lavoro. Ma non ne sono certa. Lui presentava tutti i sintomi del coronavirus e febbre che superava i 40 gradi, non gli è stato sottoposto a tampone, ma solo i raggi al torace per vedere se aveva sviluppato la polmonite interstiziale. Dal momento che i suoi polmoni erano liberi, dopo una settimana di malattia è stato autorizzato a riprendere servizio. Dopo qualche giorno del suo rientro, il 13 marzo scorso, a presentare sintomi influenzali sono stata io».

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Il suo medico di base la mette in quarantena e le fa fare il test: positiva. Con il passare dei giorni le sue condizioni peggiorano. L’11 aprile, a causa di problemi respiratori - racconta - viene ricoverata d’urgenza nel reparto di Malattie infettive all’ospedale Mazzini di Teramo. Il 21 aprile, dopo una serie di cure, vene dimessa e posta in isolamento domiciliare con sorveglianza attiva della Asl. I medici le dicono di aver pazienza che tra pochi giorni tornerà negativa. Purtroppo le cose prendono un’altra piega.


«Il giorno dopo le dimissioni – racconta la donna - la mia saturazione di ossigeno inizia ad oscillare da 85 a 96, quando i valori normali rientrano in un range tra i 95 e i 100. In poche parole facevo fatica anche a fare due passi. Andavo subito in debito di ossigeno. In più avevo continui sbalzi di pressione arteriosa. E come se non bastasse ho iniziato ad avvertire un forte prurito per tutto il corpo. Il 14 maggio la mia dottoressa allerta i soccorsi e vengo trasportata in ambulanza al Covid hospital di Atri. Lì scoprono che ho anche un’acariasi. Dopo 10 giorni di flebo e pomate vengo nuovamente rimandata a casa. Anche ad Atri i medici mi dicono di aver pazienza che il Covid andrà via in poco tempo da solo. Vorrei sapere quando? Sono passati 4 mesi. Da quello che mi dice il mio medico è un record tutto questo tempo, una cosa fuori dal normale, per questo motivo chiedo che mi vengano dati dei farmaci per aiutarmi. Adesso mi ritrovo sia positiva che con l’acariasi. Sono sfinita. Sfido chiunque a rimanere rinchiusi in casa on un prurito pazzesco sulla pelle e un virus che ti debilita – conclude la 50enne - Sono una donna separata con due figli a carico e , oltre che malata, sto tornando anche disoccupata. Ero stata presa in prova. Il contratto mi è stato rinnovato tre volte. Amo il lavoro che faccio. Il prossimo 5 agosto il mio datore di lavoro mi aveva promesso che mi avrebbe assunta a tempo indeterminato. Purtroppo è saltato tutto. Adesso posso sperare solo nel suon buon cuore, perché 4 mesi di malattia sono davvero tanti».

 

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