I voli commerciali, purtroppo per Giuseppe, hanno costi piuttosto alti che vanno dai 3 mila ai 5 mila euro, ma anche nella fantasiosa ipotesi che Salone fosse in grado di permetterseli, l’ostacolo insormontabile è rappresentato dal visto scaduto, tant’è che in una successiva mail all’ambasciata scriveva: «Ringrazio per la cortese attenzione. Per quanto riguarda il visto le spiego che mi è stato impossibile tuttora rinnovarlo in quanto le autorità locali sono chiuse a causa del Covid. Quindi la mia domanda è: in caso di fermo sono giustificato? Oppure sono soggetto a problemi, sanzioni e quant’altro previsto dagli organi iracheni?».
Per avere delucidazioni sui quesiti posti, l’ambasciata italiana ha consigliato a Giuseppe di informarsi presso le autorità irachene. Ma non è tutto: l’ambasciata in tutte le mail mette in guardia Salone ricordandogli: «Che l’Iraq è da sempre sconsigliato quale destinazione di viaggio a qualunque titolo e pertanto la scelta di lasciare il Paese, così come quella di rimanervi, è una responsabilità esclusiva del connazionale». Insomma, una vera e propria situazione kafkiana, paradossale per Giuseppe Salone, sprovvisto di autorizzazione per viaggiare, impossibilitato a rinnovare il passaporto e partire, pagando un biglietto aereo esorbitante, da un Paese estremamente pericoloso qual è l ’Iraq. A questo punto, Giuseppe, insieme al suo collega di lavoro, lancia un appello alle autorità italiane, al ministero degli Esteri, affinchè si prodighino per assicurare il viaggio di ritorno in Italia, consentendo così al loretese Salone di riabbracciare, dopo cinque mesi, il figlio di quattro anni e la moglie, in procinto di partorire.
© RIPRODUZIONE RISERVATA